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VIOLENZA E DONNE

sabato 02nd, Febbraio 2008 / 13:47 Written by

 

La porta  per la liberazione dalla violenza sulle donne  si apre dall’interno.

Rapporto Istat 2007

Le cifre innanzitutto. Perché se è vero che "il quanto non può spiegare il perché" è pur vero che i numeri possono dirci da dove cominciare per capire.

E i numeri, spaventosi, ci dicono che nel nostro Paese ci sono il vuoto e il pieno. 

Il vuoto delle tutele e il pieno del pregiudizio.

La violenza, se e quando penalmente punita,  è tale e riconosciuta come tale solo una volta avvenuta, acclarata, bilanciata. Come se il momento immediatamente prima, la paura, le minacce, le ritorsioni non fossero già esse stesse violenza.

A uccidere, violentare, sottomettere, sono prevalentemente mariti, figli, padri, incapaci di tollerare pareti domestiche troppo strette, abbracci assillanti o abbandoni che lasciano scoperte fragilità e dipendenze insospettate. Ed ecco che, quando l’aggressore non ha il volto dello sconosciuto o dello straniero che si incontra casualmente per strada, ma siede alla stessa tavola, dorme nello stesso letto, anche l’offesa perde i suoi contorni.  

E qui, dentro  le mura domestiche, il vuoto e il pieno si intersecano:  l’offesa  trova comprensione e  produce  resistenze sotterranee. Proprio all’interno del rapporto di coppia possono annidarsi, infatti, forme di violenza più strisciante e sottile, e perciò meno agevolmente riconoscibili,  alla cui nascita si collocano spesso interferenze di complessi e variegati fattori quotidiani.  Paradossalmente,  se l’aggressore è una persona vicina, la donna, condizionata da un comune tessuto sociale preferisce non denunciare. La paura, il timore di una stigmatizzazione o di un’inversione  del ruolo vittima-aggressore,  invero non infrequente nei processi per stupro, fanno si che subisca senza dire anche per tutta la vita. La responsabilità di questa mancanza di coraggio non può essere imputata solo a loro: tutta la società deve  ridisegnare i suoi modelli e prevedere mezzi per aiutarle a "uscire dal silenzio"* .

Come il riconoscimento alla vittima di misure di sostegno economico-lavorative quali il  diritto alla  riduzione dell’orario di lavoro, alla sospensione della relazione professionale con riserva del posto accompagnato da un sussidio di disoccupazione, la partecipazione a programmi di  reinserimento mirati o  la concessione di sussidi addizionali alle imprese che offrono un contratto alle vittime di violenza. È necessario, inoltre, dare peculiare importanza alla formazione degli operatori diretti e ai rappresentanti dello Stato che sono i primi, fondamentali interlocutori delle vittime. In tal senso è auspicabile la creazione di  nuove specializzazioni: unità speciali del Corpo Nazionale di Polizia e dei Carabinieri, giudici speciali con competenze civili e penali, personale medico-infermieristico specializzato. Spesso i soggetti collettivi a difesa delle donne non hanno veste istituzionale, appartengono all’associazionismo e colmano le  lacune dell’ordinamento statuale. Per questo è stata ideata la creazione di nuovi organismi tra cui il Procuratore contro la violenza di genere in funzione di delegato fiscale dello Stato.

Fino a quando la violenza sulle donne verrà considerato un problema di genere non troverà soluzione, perché le cause che l’alimentano hanno radici secolari che non possono essere recise se si guarda con un occhio solo.   

*Movimento milanese nato nel gennaio del 2005 che ha elaborato un documento programmatico attualmente al vaglio del Ministero delle Pari Opportunità

Tutte le cifre delle violenze subite dalle donne secondo l’ultimo Rapporto Istat.

La metà delle donne italiane ha subito nella vita una violenza sessuale, fisica o psicologica. Il nostro è un paese dove ogni 7 minuti, più o meno il tempo di arrivare in fondo a questa lettura, si compie o si tenta di compiere uno stupro. Lo scorso anno sono state 74.000 le violenze carnali, in venti anni il numero delle donne rimaste vittima dei soprusi di genere arriva a circa 14 milioni.

Lascia sgomenti, ma non è una sorpresa, il risultato dell’indagine commissionata all’Istat dal ministero delle Pari Opportunità. Le associazioni delle donne avevano spesso lanciato l’allarme. Ma per la prima volta la politica ha voluto prendere le misure del problema, riuscendo a far emergere dal sommerso situazioni privatissime e inconfessabili. La novità infatti è che mai prima d’ora uno studio si era occupato esclusivamente di un unico tipo di violenza sulle donne. Compito non facile, che ha richiesto test capaci di superare timori e reticenze.

Finalmente è possibile dare cifre esatte e descrivere le modalità dell’orrore: in Italia, le donne che hanno conosciuto una violenza grave nel corso della vita sono 6 milioni e 743 mila. Per quasi un milione si tratta di uno stupro; per 5 milioni di una violenza a sfondo sessuale; per 4 milioni di una violenza fisica; e per 7 milioni e 134 mila, cioè un’italiana su 4, di una persecuzione psicologica.

Le 25000 donne tra i 16 e i 70 anni contattate dai ricercatori  raccontano un mondo femminile aggredito e malmenato che conosce bene, addirittura convive con i suoi persecutori. 

È la propria casa, infatti, il luogo dove si consuma la quasi totalità  delle violenze. Chi abusa, nell’identikit disegnato dall’istituto di statistica, è la persona con cui le vittime dividono letto e famiglia. L’analisi scientifica rivela che nel 69, 7 %  l’autore dello stupro è il partner, nel 17, 4% è un conoscente, mentre solo nel 6,2% il responsabile è un estraneo. Poi però quella violenza non viene denunciata: solo il 5% delle aggredite si rivolge a polizia e carabinieri. Le altre preferiscono nascondere e non ammettere il furore subito, o dover spiegare ad amici e parenti come ha fatto un uomo da solo a bloccarle e prenderle. Spesso assente la consapevolezza di essere vittime di un reato, considerato semplicemente un incidente (" è accaduto" ha rispos
to il 44% delle intervistate) oppure, comunque, giustificato ( uno sbaglio per il 36%).

Quel mondo maschile che se interrogato pubblicamente  auspica la degna parità garantita dalla Costituzione poi dentro le mura domestiche ricorre alle mani. Strattona, spintona, ruota il braccio (2 milioni e 245 mila i casi); molla ceffoni che fanno girar la faccia e pugni tanto forti da deformare i lineamenti (riferiscono 1 milione e 431 mila donne).

Nel campionario non poteva mancare un fenomeno antico dal nome nuovo. Lo stalking, termine che indica minacce e comportamenti persecutori, dalle telefonata alla richiesta pressante di appuntamenti, di cui sono bersaglio 2 milioni e 77 mila donne.

Dopo la rottura di un  fidanzamento o la separazione, l’uomo non si rassegna: il 68% cerca insistentemente di parlare alla ex contro la sua volontà, affidandosi anche alle nuove tecnologie

(il 55, 4% manda valanghe di sms e lettere via e-mail); il 61,8% pretende ripetutamente un appuntamento (il 57% aspetta la ex sotto casa, a scuola, al lavoro, il 40,8% la segue o la spia.)

Non mancano i ricatti economici (ne è vittima una donna su 3), l’umiliazione e la valorizzazione per minare nel profondo l’integrità della compagna (quasi una donna su cinque fa i conti con la vulnerabilità indotta dal proprio marito o fidanzato).

I modelli culturali o pseudo- tali certo non aiutano Il resto lo fa la paura e l’assenza di tutele efficaci, sanitarie e giudiziarie. Norme in materia esistono e sono severe, ma purtroppo è ancora troppo facile aggirarle.

Il disegno di legge elaborato dal ministro alle Pari Opportunità Barbara Pollastrini, che il Parlamento dovrà discutere, mira a coprire clamorose lacune e punterà soprattutto sull’informazione, la prevenzione e il sostegno alle vittime. Gli esperti concordano sulla necessità di istituzioni capaci di essere al fianco delle donne, ricordando tuttavia che i nemici più antichi sono il pregiudizio e il silenzio.

Se non verrà spezzato il circolo vizioso che porta le donne a chiudersi in se stesse, la storia della violenza di genere non cambierà mai.

Lo stupro, per esempio, nel secondo conflitto mondiale fu arma ampiamente utilizzata in Italia contro la popolazione femminile. I fascisti lo impiegarono selvaggiamente per far parlare le partigiane, i tedeschi per punire i territori ostili, gli alleati per spaventare e addomesticare.

Nei processi del dopoguerra si glissa, le sentenze non te tengono conto.

Nella Convenzione di Ginevra la violenza sessuale verrà proibita solo nel 1949.

Bisognerà aspettare gli anni novanta e le guerre nella ex Jugoslavia e in Ruanda per equiparare lo stupro ai crimini contro l’umanità.  

Da: Patria Indipendente.

 

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