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ESAMI DI AVVOCATO A MILANO: UNA FARSA!

venerdì 09th, Maggio 2008 / 16:17 Written by

di Giampaolo Riccò (aspirante avvocato)

LETTERA APERTA AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA.

ARTICOLO 4 COST. E LIBERALIZZAZIONE DELLE PROFESSIONI.

Gentile Presidente Napolitano,

mi chiamo Giampaolo Riccò, abito a Melegnano, vicino a Milano e aspiro a svolgere la professione di avvocato per cui mi sono laureato, dopo molti sacrifici e anni studio.

Le scrivo questa lettera aperta, tramite questo giornale che rappresenta le aspettative di molti giovani avvocati e professionisti onesti, che come me credono nei principi di legalità e giustizia, per metterla al corrente dei fatti successi alla Fiera di Milano, in occasione dell’esame di stato per avvocati dello scorso 2007. Esame che mi permetto mettere in relazione all’art. 4 della Costituzione e all’anniversario del 25 aprile.

Come dai suoi interventi in televisione, che ho costantemente seguito, ricorre infatti il 60° anniversario della Costituzione Repubblicana. Tra poco, anche il 25 aprile, giorno della liberazione del Popolo Italiano: quante persone sono morte per la nostra democrazia e per il nostro Paese? Probabilmente Lei si starà chiedendo “ma cosa c’entra l’esame di stato per avvocati con l’articolo 4 della Costituzione e le persone che sono morte per la nostra Patria?  Le spiego allora subito la relazione.

Cominciamo dai  fatti successi alla Fiera di Milano.

In data 13 dicembre 2007 mi recavo alla Fiera di Milano per sostenere la terza prova d’esame, atto giudiziario, per diventare avvocato. Alle nove circa, dopo aver effettuato la registrazione all’ingresso e i relativi controlli, mi sono seduto alla mia postazione. Subito gli altri candidati  mi mettevano al corrente che nel padiglione si vociferava che la prova d’esame, atto civile, sarebbe stata una comparsa di risposta, riguardante un bene immobile. Nell’atto di citazione, l’attore, sosteneva di essere proprietario del bene e chiedeva il risarcimento del danno per il mancato godimento. La parte convenuta sosteneva, contrariamente, che il bene immobile fosse stato usucapito. Quella di quei giorni di dicembre era la quarta volta che mi presentavo per sostenere questo esame e ogni volta circolavano le voci sulle tracce d’esame ma io non ci credevo. Mi sono quindi alzato e mi sono recato a salutare un altro candidato che conoscevo dal periodo del tirocinio. Appena salutato anche lui mi confermava le stesse voci. Anche lui era scettico come me, ricordo però che mi disse “intanto che aspetto la dettatura delle tracce d’esame mi cerco le sentenze della Corte di Cassazione, non si sa mai”. Sono quindi tornato alla mia postazione per continuare a seguire le conversazioni dei miei colleghi d’avventura. Alle ore 9.30 tutti i candidati intorno alla mia postazione erano pronti per l’atto di diritto civile incluse le sentenze della Corte di Cassazione. Finalmente, poco dopo le 10.00, cominciava la dettatura delle tracce d’esame. Mentre il Presidente della commissione d’esame dettava la traccia relativa all’atto civile ci guardavamo sempre più sbigottiti: era proprio quella anticipata dalle voci di corridoio!

Durante la dettatura un ragazzo (“Il Messaggero” nell’articolo del 21 dicembre 2007 indicava erroneamente il sottoscritto) si è alzato e si è recato presso il banco della Presidenza per protestare mentre nel padiglione della Fiera fioccavano applausi, fischi, urla e invettive contro la Commissione d’esame. Io non so cosa si siano detti il candidato e il Presidente della commissione ma a un certo punto ho sentito dagli altoparlanti che il Presidente invitava il ragazzo a tornare a posto per continuare l’esame. A questo punto, mentre il Presidente continuava la dettatura mi sono avvicinato al banco della Presidenza. Ho aspettato che la dettatura finisse e ho subito riferito al Presidente che anch’ io ero a conoscenza della traccia d’esame in materia di diritto civile e che altri candidati vicino alla mia postazione ne erano a conoscenza. Chiedevo inoltre al Presidente d’esame di mettere a verbale l’accaduto. Il Presidente, invece, mi diceva che non avrebbe messo a verbale nulla e che, qualora lo volessi, avrei potuto denunciare il fatto ai Carabinieri presenti nel padiglione e lasciare l’aula d’esame. Mi sono quindi recato presso un gruppo di agenti di Polizia, in quanto i Carabinieri erano dall’altra parte del padiglione. Gli agenti mi facevano però notare che, contrariamente a quanto riferito dal Presidente d’esame, potevo chiedere ai commissari di verbalizzare e, successivamente, se ritenevo opportuno, lasciare l’aula e quindi ritirarmi dalla prova. Proprio in quel momento si stava avvicinando l’avvocato Lomboni vice-presidente della commissione d’esame con il quale ho avuto uno scambio di opinioni. Molto gentilmente l’avv. Lomboni chiamava il cancelliere capo, della segreteria esami avvocato del Tribunale di Milano, Dott.ssa Campagna, per procedere alla verbalizzazione dei fatti. Nel verbale indicavo come testimone un altro candidato vicino alla mia postazione, dichiaravo che altri candidati risultavano essere a conoscenza della traccia in materia civile e che mi ritiravo dalla prova consegnando la mia busta: erano le ore 11,35, come da pagina 3 del verbale della terza prova scritta, Corte di Appello di Milano, Segreteria esami di Stato.

Alle ore 12,00 insieme all’avvocato Lomboni mi recavo presso il banco della presidenza per registrare la mia uscita dal Padiglione in quanto sino alle ore 12,00 non era consentito uscire.

Tornato a casa ho redatto la denuncia sui fatti successi e l’ho presentata alla stazione dei Carabinieri di Melegnano. La mia querela la sta seguendo il P.M. Dott. Romanelli della  Procura di Milano. Un magistrato di cui è nota la serietà. Altre Procure stanno svolgendo parallelamente indagini in quanto la diffusione delle tracce sembra sia avvenuta attraverso internet e quindi coinvolge diverse sedi d’esame.

Questi Ecc.mo Sig. Presidente sono i fatti di quei giorni di dicembre.

L’articolo 4 della Costituzione Italiana di cui Ella è Supremo custode e garante recita: “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendono effettivo questo diritto”. Bene, anzi male, da “La Stampa” del 28 dicembre 2007, risulta che 30.000 praticanti hanno sostenuto l’esame nello scorso mese di dicembre. A Milano alla terza prova si sono presentati 3712 candidati e uno si è ritirato: il sottoscritto. Questi numeri sono in continuo aumento: a Milano se continuiamo così non ci stiamo più nel padiglione. La riforma dell’allora Ministro della Giustizia Castelli, che intendeva contrastare la diffusa pratica del trasferimento dei praticanti al fine di scegliere sedi di esame ritenute più agevoli (vedi Catanzaro), non ha funzionato: anzi ha peggiorato la situazione nel nord Italia.

Gli esami scritti di Milano verranno corretti quest’anno dalla Corte di Appello di Bari e, a quanto mi risulta, ambedue le procure stanno svolgendo indagini incrociate.

A Milano e al nord Italia passano all’esame meno candidati rispetto ad altre sedi d’esame. Si dice che le università del nord Italia siano meglio organizzate e che preparano meglio gli studenti: comincio a dubitarlo, visti i risultati degli esami…

Non ci si capisce più nulla in questa Italia. Se la Repubblica riconosce il diritto al lavoro e allo Stato è demandato il compito di promuovere le
condizioni che rendano effettivo questo diritto, perché allora non ci viene riconosciuto lo status di avvocati?

Signor Presidente, gli esami di diritto li abbiamo già superati nelle  Università, abbiamo già fatto il tirocinio per due anni presso avvocati, abbiamo già sostenuto esami presso i nostri ordini professionali locali, abbiamo giurato di rispettare le leggi dello Stato davanti al Presidente di Tribunale. Cos’altro dobbiamo fare?

Forse, un esame come quello di Milano? Ma, secondo Lei, onestamente, era un esame di Stato? Eppoi, cortesemente mi spieghi a cosa serve un esame fatto in questa maniera e soprattutto a chi serve?

Stringendo, nell’ambiente sappiamo bene tutti che l’esame serve solo alla lobby degli avvocati per limitare l’accesso alla professione e frenare la concorrenza che sempre stando alle stime dei giornali avrebbe superato quota 160.000.

Ma allora perché parliamo di libera professione e di libero mercato?

In Italia Signor Presidente ci sono diversi conflitti d’interesse.

Lo vogliamo dire o facciamo finta di non capire che c’è un conflitto d’interessi grande come una casa anche negli esami di Stato?

Noi praticanti avvocati siamo esaminati da altri avvocati che evidentemente non ci vogliono fare entrare nel mercato o gli fa comodo lasciare le cose così come stanno.

Ammesso che gli esami di Stato servano a qualcosa (e questo è un bel punto di domanda), perché non veniamo esaminati da una parte terza, ad esempio dalle Università o da magistrati esperti di Tribunali e Corti di Appello?

La Costituzione dice che tutti hanno il diritto al lavoro e noi la nostra professione la vorremmo proprio cominciare a svolgere, prima di morire di fame e/o di invecchiare facendo esami a raffica uno dietro l’altro, come fanno anche tanti aspiranti magistrati.

Perché la casta degli avvocati continua ad impedircelo?

Non credo, meramente per motivi egoistici e/o corporativistici, perchè gli portiamo via le cause per le multe-autovelox, ma per ragioni di controllo politico e sociale.

La Repubblica dovrebbe promuovere le condizioni che rendono effettivo il diritto al lavoro. Ma come: organizzando degli esami di Stato che sono una farsa?

Mi scusi, ma io sono un collega del Presidente della commissione d’esame, in quanto sono iscritto all’ordine forense; faccio presente che c’è qualcosa che non va, gli indico anche dei testimoni e, nonostante la sua pubblica funzione, si rifiuta di verbalizzare l’accaduto e non si adopera minimamente per controllare, come se l’accaduto non lo riguardasse (o forse, peggio, lo ritenesse un male da tollerare con cui la casta si sa ha ormai  imparato a convivere, tacendo).

Quanto Le denuncio Sig. Presidente Napolitano, lo può verificare dal verbale del 13 dicembre, redatto dal segretario e sottoscritto dallo stesso Presidente: 40 commissari che non verificano se i fatti da me denunciati e verbalizzati alle 11,35 sono veri.

Ma che ci stanno a fare? A quali logiche rispondono? Chi li ha nominati? Personalmente credo di essermi comportato correttamente: ero a conoscenza della traccia d’esame prima della dettatura e mi sono ritirato. Ma la commissione d’esame si è comportata altrettanto correttamente? Ironia della sorte: una materia dell’esame è il codice deontologico forense che all’articolo 6 “Doveri di lealtà e correttezza” afferma testualmente: “L’avvocato deve svolgere la propria attività professionale con lealtà e correttezza”. Ma la commissione d’esame si è comportata correttamente? Ha fatto tutto quello che era necessario fare?

E l’Ordine Forense cosa sta facendo? Ha riferito al Ministero i fatti successi in tutta Italia? Che decisioni hanno preso? Guardi che sono già passati più di tre mesi e a me non risulta ancora niente. Cosa aspettano?

Il senatore Alfredo Mantovano, ex magistrato, ha presentato a Palazzo Madama un’interrogazione con risposta scritta, all’ex Ministro della Giustizia Clemente Mastella, chiedendo anche quali provvedimenti intendeva assumere per garantire la piena legittimità di un esame che, se possibile, in misura superiore ad altri, deve caratterizzarsi per trasparenza e rispetto delle regole.

Risposte da quel Ministero attualmente nessuna.

Tutti parlano di regole. Ma quali sono le regole da rispettare per un esame di Stato? Dal bando di iscrizione all’esame, non ho letto circa un’opzione da esercitarsi per avere le tracce la sera precedente. Sì, la sera precedente, ha capito bene, perché risulta che alcuni candidati sapessero della traccia la sera precedente, altri prima di entrare alla Fiera, altri come me una volta entrati e altri che non sapevano nulla.

Le chiedo: ma se questo esame è regolare, come faranno a correggere i compiti?

E la prossima volta ci daranno la possibilità di conoscere le tracce la sera prima a tutti oppure ancora a pochi eletti? E come ce li invieranno via e-mail?

Dobbiamo registrarci su qualche sito specializzato, pagando un extra?

Personalmente ho sempre pensato che all’esame di Stato tutti i candidati dovessero essere trattati  alla stessa maniera, con pari diritti e pari doveri. A Milano non è successo così: moltissimi candidati conoscevano la traccia in materia civile prima della dettatura. Ma allora i diritti non sono uguali per tutti. All’articolo 3 della Costituzione si dice anche che è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli che limitano di fatto l’uguaglianza dei cittadini impedendone l’effettiva partecipazione all’organizzazione economica e sociale del Paese. Lei ha più volte detto che la Costituzione deve essere applicata: ci vuole dare una mano?

Il secondo comma dell’articolo 4 della Costituzione cita: “Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”.

Ecco gentile Presidente, non solo abbiamo il diritto al lavoro, e di sceglierlo, ma anche il dovere di svolgere una attività che concorra al progresso materiale o spirituale dell’Italia. Ci dica, allora, quando possiamo cominciare? Poco tempo fa, un Ministro della Repubblica ci ha definito dei “bamboccioni”. Facciamo due conti, visto che è responsabile del dicastero dell’economia: laurea a 25 anni, più due anni di tirocinio, più facciamo tre anni per l’esame, più cinque anni per mettere in piedi lo studio professionale (se va bene): totale a 35 anni possiamo dire di svolgere l’attività forense. Sì, Signor Presidente, la realtà è questa, con queste regole, solo a 35 anni si può uscire di casa: quindi 30.000 persone, che io chiamo i “precari di lusso”, sono in uno stato di dipendenza dai genitori. Molti di questi genitori, che hanno fatto parecchi sacrifici p
er mandare all’Università i loro figli, e che sono orgogliosi di aver dei ragazzi laureati in Giurisprudenza e prossimi avvocati (si spera), non riescono a capire perché fino a 35 anni non si riesca a sviluppare un’attività professionale. Ma se noi abbiamo un dovere di svolgere una attività che contribuisca al miglioramento della nostra società, come facciamo se le nostre istituzioni non ce lo consentono?

Ma le sembra una società “normale” questa dove le persone a 35 anni devono ancora dipendere dai genitori perché le istituzioni non gli consentono di lavorare? Siamo al paradosso: è lo Stato che ci impedisce di svolgere un’attività che per definizione è libera. Libertà di cui godono solo per quei raccomandati all’interno della casta o per quei pochi che ogni anno riescono a superare gli sbarramenti imposti dall’alto che costituiscono una forma implicita di numero chiuso, che alcuni anni fà, come molti ricorderanno, la Corporazione voleva rendere palese per legge.

Quanti sono gli avvocati che hanno ottenuto l’abilitazione a Catanzaro, dove qualche anno fa è avvenuto un altro scandalo all’esame di Stato? Se non lo sa consulti il P.M. Luigi De Magistris: 2.585 compiti tutti uguali: reato prescritto. in questa Italia, cambiano le regole ma gli scandali continuano.

Ora Signor Presidente veniamo al punto di coloro che hanno dato la vita per la Patria, lottando per la democrazia e l’uguaglianza dei cittadini italiani. Crede che i partigiani siano morti per uno Stato dove non si capisce più nulla? Dove contano più i furbi che le persone oneste? Una società dove i soldi sono più importanti delle persone? Una società fatta di ingiustizie e di privilegi?  Ma i vari Chinnici, Falcone, Borsellino, Dalla Chiesa, i Poliziotti, i Carabinieri, i Militari delle missioni di pace e tutti quelli che sono morti  per lo Stato Italiano, hanno dato la loro vita per questo tipo di società?

Io penso che se potessero tornare indietro, ci rifletterebbero non poco.

Magari direbbero: “ma chi me lo ha fatto fare?”.

Io credo che tutti i cittadini devono fare la loro parte per rendere migliore questa società. La liberazione dalla dittatura, la lotta alla mafia, devono essere un esempio, soprattutto ai giovani, per un rinnovamento profondo  del nostro Stato.

I diritti alla democrazia, all’uguaglianza dei cittadini, il diritto al lavoro non sono piovuti dal cielo ma sono stati conquistati con l’impegno e la vita di molte persone: questi diritti vanno assolutamente difesi. Alcuni dei giovani colleghi con i quali sono in contatto dicono che sono stato coraggioso a denunciare l’accaduto. Io non credo di essere stato coraggioso, credo di aver semplicemente fatto il mio dovere e di essermi comportato da cittadino. Ognuno di noi ha dei diritti e dei doveri: io credo di avere il diritto di essere equiparato agli altri candidati all’esame e credo di avere avuto il dovere, come cittadino, di denunciare i fatti successi, in quanto costituenti reato.

Gli altri candidati e i membri della commissione dovrebbero a loro volta denunciare o testimoniare quanto a loro conoscenza: altrimenti le cose non cambieranno mai! L’omertà deve finire. Molti giovani colleghi hanno paura di esporsi. Lo stesso timore vige tra gli aspiranti magistrati che denunciando sono convinti di venire presi di mira ed esclusi dai processi selettivi di affiliazione alle rispettive Corporazioni professionali.

A questo punto c’è da domandarsi se dei futuri avvocati e magistrati non sono capaci di tutelare i propri diritti, come potranno difendere i diritti degli altri?

Non c’è quindi da stupirsi se la giustizia versi in stato comatoso da oltre 40 anni.

A mio avviso è  assolutamente necessaria la modernizzazione del Paese e i giovani avvocati devono essere in prima linea per questo cambiamento. Alla trasmissione televisiva” Ballarò”, il Presidente dell’Autorità Garante della concorrenza e del mercato Catricalà e il ministro Bonino, hanno dichiarato che la liberalizzazione delle professioni sono una cosa necessaria per modernizzare il Paese ma che i partiti non la vogliono fare. E allora che si fa? Ogni tanto, noi cittadini, ci rivolgiamo alla magistratura per l’ennesimo scandalo, esame di stato o concorso pubblico che sia: ma quando la finiamo? La vogliamo mettere a posto questa povera Italia?

Nel programma del governo Prodi “Per il bene dell’Italia” a pagina 53 punto d. si legge “riformare in senso qualitativo il sistema dell’accesso, basato sulla frequenza di scuole forensi e di specializzazione per le professioni legali, sul tirocinio e su un esame di stato finale”. Che belle parole “riformare in senso qualitativo”; peccato però che, secondo voci di corridoio, il Ministero di Giustizia stava preparando un bel test di pre-selezione e quindi una prova aggiuntiva da superare (in senso quantitativo e non qualitativo). Ma poi mi chiedo: le facoltà di giurisprudenza e le scuole di specializzazione per le professioni legali a che cosa servono in Italia? Io credevo che preparassero gli studenti a svolgere un’attività lavorativa: quella di avvocato, magistrato o altre attività collegate. Ma quante scuole ed esami dobbiamo fare per diventare avvocati? Non è magari il caso di ripartire dalle Università e rivedere i corsi universitari per preparare le persone al mondo del lavoro senza dover sostenere questi esami che sono un costo sociale in quanto un impedimento all’accesso professionale di molti giovani? Non mi sembra sia una cosa tanto difficile: ma forse il problema è che non si vuole cambiare questa Italia decadente. Allora dato che il Parlamento è miope davanti a questa necessità di cambiamento, ho pensato che i cittadini debbano darsi da fare per cambiare le leggi dello Stato.

Con l’aiuto di Avvocati senza Frontiere stiamo cercando di organizzare un comitato per l’abrogazione degli esami di Stato.  L’indirizzo e-mail è esamemil@yahoo.it .

Pensi Signor Presidente, in un Italia dove manca il lavoro, 30.000 praticanti avvocati, e non so quanti sono quelli degli altri ordini professionali, avrebbero la possibilità di iniziare una professione a costo zero per lo Stato Italiano. Anzi si ridurrebbero i costi, quelli cioè che lo Stato sostiene per l’organizzazione di questi inutili esami farsa.

La proposta l’ho fatta. Ora tocca a Lei.

Grazie per l’attenzione e la risposta che vorrà concedere a tutti gli italiani onesti che come me credono nella giustizia e nei principi della Costituzione che Lei incarna.

Giampaolo Riccò

(prima che aspirante avvocato, cittadino)

N.d.R.: E perché non aboliamo anche gli Ordini Avvocati?

Tanto a cosa servono se come ha detto Gian Antonio Stella non pretendono neppure dagli iscritti il rispetto delle regole deontologiche?

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