A cura di Diana Russo (Avvocato del Foro di Napoli)
Procedimento penale. Modalità di tutela degli enti esponenziali di interessi collettivi. L’esercizio dell’azione civile in sede penale è esperibile anche da parte di enti esponenziali di interessi collettivi, a condizione che gli stessi presentino specifici requisiti di rappresentatività individuati dalla dottrina e dalla giurisprudenza amministrativa e penale.
la QUESTIONE
Cosa si intende per interesse collettivo? Quali sono gli strumenti previsti dalla legge a tutela di detti interessi? Quali requisiti devono possedere gli enti esponenziali per potersi avvalere di tali strumenti di tutela?
l’INTRODUZIONE
La circostanza che c.d. enti esponenziali di interessi collettivi si costituiscano parte civile in un processo penale avente a oggetto l’accertamento di un illecito, dal quale sia derivato un pregiudizio all’interesse di cui gli enti predetti siano portatori, appare oggi un dato pacifico. Invero,il riconoscimento di siffatta possibilità rappresenta l’approdo di un percorso evolutivo compiuto dalla giurisprudenza penale, percorso che muove dalla sistemazione teorica elaborata dalla dottrina e dalla giurisprudenza amministrativa in tema di interessi diffusi e di interessi collettivi.
Prima di illustrare i passaggi essenziali di tale evoluzione, e le relative conclusioni, si ritiene opportuno tratteggiare le nozioni di persona offesa e di soggetto danneggiato dal reato, accennando alle forme di partecipazione al procedimento penale a essi rispettivamente riservati dall’ordinamento.
le NORME
Costituzione
Art. 2
Codice penale
Art. 185
Codice di procedura penale
Artt. 74 ss.
R.D. 26 giugno 1924, n. 1054
Art. 26
Legge 6 dicembre 1971, n. 1034
Art. 4
Legge 8 luglio 1986, n. 349
Artt. 13, 18
Legge 7 agosto 1990, n. 241
Art. 9
LA FATTISPECIE
Persona offesa e soggetto danneggiato dal reato
Si definisce persona offesa dal reato (o soggetto passivo del reato) il titolare del bene protetto dalla fattispecie incriminatrice (1).
Tale posizione può essere ricoperta da una persona fisica, da una persona giuridica pubblica o privata, da una collettività non personificata. Al riguardo, si denominano “reati a soggetto passivo indeterminato” le fattispecie offensive di interessi di pertinenza di una cerchia indeterminata di persone (c.d. reati vaghi o vaganti) (2).
La nozione di persona offesa non va confusa con quella di oggetto materiale del reato, espressione che indica la persona, l’animale o la cosa sulla quale fisicamente ricade l’attività delittuosa. Dal soggetto passivo del reato si distingue, altresì, il danneggiato dal reato, ovvero colui che, per effetto della commissione del reato, subisce un pregiudizio patrimoniale o non patrimoniale risarcibile. Sebbene nella pratica accada spesso che la persona offesa sia anche danneggiata dal reato, le due figure restano concettualmente distinte.
Forme di partecipazione al procedimento penale
Sotto il profilo processuale, giova evidenziare che, mentre la persona offesa dal reato è annoverata fra i soggetti del procedimento penale, solo il danneggiato assume la qualità di parte attraverso la costituzione di parte civile, atto che può aver luogo solo successivamente all’esercizio dell’azione penale da parte del magistrato del P.M. e, dunque, nel processo penale.
All’offeso il codice di rito riserva una sfera di azione durate tutto l’arco del procedimento penale, «che si sostanzia in una sorta di contributo, di taglio privatistico, all’esercizio o al proseguimento dell’azione penale, mediante forme di adesione all’attività del magistrato del Pm o di controllo su di essa» (3). Mentre, dunque, l’offeso è autorizzato a intervenire nel corso dell’intero procedimento penale, il danneggiato che si costituisce parte civile partecipa in qualità di parte al processo, per far valere in tale sede il proprio diritto al risarcimento del danno patito in conseguenza dell’illecito.
1) La dottrina tradizionale, muovendo dalla considerazione secondo cui ogni reato offende lo Stato «quale titolare dell’interesse ad assicurare le condizioni della pacifica convivenza», identifica quest’ultimo quale «soggetto passivo generico» di tutti gli illeciti (FIANDACA-MUSCO, Diritto penale. Parte generale, Zanichelli, 2005, 150 ss.).
2) Si pensi, ad esempio, ai reati contro l’incolumità pubblica.
3) Così DALIA-FERRAIOLI, Manuale di diritto processuale penale, Cedam, 2006, 135
La costituzione di parte civile
A norma dell’art.74 c.p.p.,«l’azione civile per le restituzioni e per il risarcimento del danno di cui all’art. 185 c.p. può essere esercitata nel processo penale dal soggetto al quale il reato abbia arrecato danno ovvero dai suoi successori universali, nei confronti dell’imputato e del responsabile civile» (4).
L’istituto costituisce applicazione del principio di economia processuale, consentendo alla persona danneggiata dal reato di far confluire la propria iniziativa – finalizzata al risarcimento del danno sofferto in conseguenza del crimine subito – nel procedimento penale avente a oggetto l’accertamento del fatto generatore del danno medesimo, eventualmente trasferendo in tale sede l’azione già esercitata davanti al giudice civile (5). Al giudice penale viene, per tale via, devoluta la cognizione sull’an debeatur, riservandosi al giudice civile la quantificazione del dovuto qualora la pretesa risarcitoria sia riconosciuta, dal primo, meritevole di accoglimento (6).
La costituzione di parte civile nel processo penale ha, peraltro, carattere facoltativo, ben potendo il danneggiato proporre e coltivare autonoma azione in sede civile.
È viceversa inammissibile il contemporaneo esercizio dell’azione civile in sede penale e in sede civile: osta a tale eventualità la previsione di cui all’art. 75, comma 3, c.p.c., secondo cui «se l’azione è proposta in sede civile nei confronti dell’imputato dopo la costituzione di parte civile nel processo penale o dopo la sentenza penale di primo grado, il processo civile è sospeso fino alla pronuncia della sentenza penale non più soggetta a impugnazione, salve le eccezioni previste dalla legge» (7).
4) Si riporta il testo dell’art. 185 c.p.: «Ogni reato obbliga alle restituzioni a norma delle leggi civili. Ogni reato, che abbia cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale, obbliga al risarcimento il colpevole e le persone che, a norma delle leggi civili, debbono rispondere per il fatto di lui».
5) A norma dell’art. 75, commi 1 e 2, c.p.p.: «L’azione civile proposta davanti al giudice civile può essere trasferita nel processo penale fino a quando in sede civile non sia stata pronunciata sentenza di merito anche non passata in giudicato. L’esercizio di tale facoltà
comporta rinuncia agli atti del giudizio; il giudice penale provvede anche sulle spese del procedimento. L’azione civile prosegue in sede civile se non è trasferita nel processo penale o è stata niziata quando non è più ammessa la costituzione di parte civile».
6) Cfr. DALIA, Manuale di diritto processuale penale, Cedam, 2006, 175.
7) Con sentenza 22 ottobre 1996, n. 354, la Corte Costituzionale ha dichiarato la illegittimità del presente comma dell’art. 75 c.p.p., nella parte in cui non prevede che la disciplina ivi contenuta non trovi applicazione nel caso di accertato impedimento fisico permanente che non permetta all’imputato di comparire all’udienza, ove questi non consenta che il dibattimenti prosegua in sua assenza.
Disciplina processuale dell’istituto
L’azione civile nel processo penale è esercitata, anche a mezzo di procuratore speciale, mediante la costituzione di parte civile; essa produce i suoi effetti in ogni stato e grado del processo (art.76 c.p.p.) (8).
La costituzione di parte civile si effettua mediante deposito in cancelleria o presentazione in udienza della relativa dichiarazione, contenente, a pena di inammissibilità:
a) le generalità della persona fisica o la denominazione dell’associazione o dell’ente che si costituisce parte civile e le generalità del suo legale rappresentante;
b) le generalità dell’imputato nei cui confronti viene esercitata l’azione civile o le altre indicazioni personali che valgono a identificarlo;
c) il nome e il cognome del difensore e l’indicazione della procura; d) l’esposizione delle ragioni che giustificano la domanda;
e) la sottoscrizione del difensore (art. 78 c.p.p.) (9).
La costituzione di parte civile può avvenire, a pena di decadenza, per l’udienza preliminare e, successivamente, fino a che non siano compiuti gli adempimenti relativi alla costituzione delle parti (art. 79) (10).
La parte civile può, peraltro, essere esclusa su richiesta motivata del magistrato del P.M., dell’imputato o del responsabile civile, ovvero d’ufficio, nei modi e nei termini di cui, rispettivamente, agli artt. 80 e 81 c.p.p. (11).
Giova ricordare, infine, che la costituzione di parte civile può essere revocata in ogni stato e grado del procedimento, con dichiarazione fatta personalmente dalla parte o da un suo procuratore speciale in udienza, ovvero con atto scritto depositato nella cancelleria del giudice e notificato alle altre parti. La costituzione si intende, altresì, revocata se la parte civile non presenta le conclusioni, ovvero se promuove l’azione davanti al giudice civile (art. 82 c.p.p.) (12).
8) A norma dell’art. 77, «le persone che non hanno il libero esercizio dei diritti non possono costituirsi parte civile se non sono rappresentate, autorizzate o assistite nelle forme prescritte per l’esercizio delle azioni civili. Se manca la persona a cui spetta la rappresentanza o assistenza e vi sono ragioni di urgenza ovvero vi è conflitto di interessi tra il danneggiato e chi lo rappresenta, il pubblico ministero può chiedere al giudice di nominare un curatore speciale. La nomina può essere chiesta altresì dalla persona che deve essere rappresentata o assistita ovvero dai suoi prossimi congiunti e, in caso di conflitto di interessi, dal rappresentante. Il giudice, assunte le opportune informazioni e sentite se possibile le persone interessate, provvede con decreto, che è comunicato al pubblico ministero affinché provochi, quando occorre, i provvedimenti per la costituzione della normale rappresentanza o assistenza dell’incapace. In caso di assoluta urgenza, l’azione civile nell’interesse del danneggiato incapace per infermità di mente o per età minore può essere esercitata dal pubblico ministero, finché subentri a norma dei commi precedenti colui al quale spetta la rappresentanza o l’assistenza ovvero il curatore speciale».
9) Se è presentata fuori udienza, la dichiarazione deve essere notificata, a cura della parte civile, alle altre parti e produce effetto per ciascuna di esse dal giorno nel quale è eseguita la notificazione. Se la procura non è apposta in calce o a margine della dichiarazione di parte civile, ed è conferita nelle altre forme previste dall’art. 100, commi 1 e 2, c.p.p., essa è depositata nella cancelleria o presentata in udienza unitamente alla dichiarazione di costituzione della parte civile.
10) Se la costituzione avviene dopo la scadenza del termine previsto dall’art. 468, comma 1, c.p.p. (ovvero sette giorni prima della data fissata per il dibattimento), la parte civile non può avvalersi della facoltà di presentare le liste dei testimoni, periti o consulenti tecnici.
11) Dispone l’art. 80 c.p.p., che, «nel caso di costituzione di parte civile per l’udienza preliminare, la richiesta è proposta, a pena di decadenza, non oltre il momento degli accertamenti relativi alla costituzione delle parti nella udienza preliminare o nel dibattimento. Se la costituzione avviene nel corso degli atti preliminari al dibattimento o introduttivi dello stesso, la richiesta è proposta oralmente a norma dell’art. 491, comma 1. Sulla richiesta il giudice decide senza ritardo con ordinanza. L’esclusione della parte civile ordinata nell’udienza preliminare non impedisce una successiva costituzione fino a che non siano compiuti gli adempimenti previsti dall’art. 484». A mente dell’art. 81, «fino a che non sia dichiarato aperto il dibattimento di primo grado, il giudice, qualora accerti che non esistono i requisiti per la costituzione di parte civile, ne dispone l’esclusione di ufficio, conordinanza. Il giudice provvede a norma del comma 1 anche quando la richiesta di esclusione è stata rigettata nella udienza preliminare».
12) Avvenuta la revoca della costituzione di parte civile, il giudice penale non può conoscere delle spese e dei danni che l’intervento della parte civile ha cagionato all’imputato e al responsabile civile. L’azione relativa può essere proposta davanti al giudice civile. La revoca non preclude il successivo esercizio dell’azione in sede civile.
Interessi superindividuali. Nozione e tutela
Come più sopra accennato, la qualità di soggetto passivo del reato può essere ricoperta, oltre che da persone fisiche, anche da persone giuridiche, nonché da collettività non personificate. In relazione a queste ultime si pone il problema della esperibilità degli istituti di partecipazione al procedimento penale e, più in generale, dell’accessibilità agli strumenti di tutela approntati dall’ordinamento.
Si definiscono superindividuali gli interessi riferibili simultaneamente a una pluralità di soggetti.
Trattasi di situazioni soggettive che non si appuntano in capo a soggetti determinati o individuabili, ma che tendono ad assumere una valenza spiccatamente collettiva, facendo capo al cittadino come utente, come consumatore o, più genericamente, come membro di una più o meno ampia categoria di individui.
L’interesse superindividuale di più antica emersione è l’ambiente, quale tipico bene a fruizione collettiva, alla cui tutela non è interessato il singolo in quanto tale, ma la collettività considerata nel suo complesso.
Il problema che si pone in relazione ai suddescritti interessi è quello della loro protezione, atteso che l’ordinamento prevede forme di tutela chiaramente modellate su situazioni soggettive individuali (13).
La soluzione consiste, pertanto, nel ricondurre l’interesse superdindividuale all’alveo dell’interesse legittimo, ai fini della sua tutelabilità.
Senonché, mentre l’interesse legittimo integra una posizione giuridica soggettiva personale e differenziata, l’interesse superindividuale è, per definizione, pertinente a una pluralità indeterminata di soggetti ed è, quindi, spersonalizzato e indifferenziato.
Sotto il primo profilo,si valorizza il disposto dell’art. 2 Cost., estendendo,per tale via, la nozione di interesse legittimo anche alle formazioni sociali ove si svolge la personalità dell’uomo, così affrancando l’interesse legittimo da un’accezione puramente personalistica; sotto il secondo profilo, si subordina la tutelabilità degli interessi superindividuali alla individuazione di enti esponenziali che si rendano portavoce delle relative istanze.
Si distinguono, così, gli interessi diffusi, latenti nella collettività, ma privi di titolari (c.d. adespoti), in quanto appartenenti indistintamente a tutti i componenti di una formazione sociale non organizzata e non autonomamente individuabile, dagli interessi collettivi, facenti capo a un ente esponenziale di un gruppo autonomamente individuabile.
La tutela dell’interesse superindividuale passa, dunque, attraverso un «processo si soggettivizzazione o corporativizzazione» (14), che ne determina la trasformazione in interesse collettivo; quest’ultimo può definirsi come l’interesse al corretto esercizio del potere amministrativo fatto valere da una organizzazione di tipo associativo.
Siffatto interesse risulta differenziato sia da quello della generalità dei consociati, che rispetto alle istanze dei singoli componenti.
13) In relazione al processo amministrativo, cui si riferiscono la gran parte dei contributi dottrinari e giurisprudenziali citati nel presente elaborato, cfr. gli artt. 26 Testo Unico del Consiglio di Stato (R.D. 26 giugno 1924, n. 1054), e 4 legge T.A.R. (legge 6 dicembre 1971, n. 1034).
14) Trib.Tolmezzo, ord., 9 marzo 2007, 213.
Requisiti di rappresentatività degli enti esponenziali
L’attenzione si sposta, quindi, sulla individuazione dei requisiti che devono essere posseduti dagli enti affinché siano legittimati alla tutela degli interessi rappresentati; il problema si pone, peraltro, con esclusivo riferimento agli enti c.d. spontanei, mentre non sussiste in relazione agli enti predisposti per legge alla tutela degli interessi collettivi, quali Ordini e Collegi professionali, né per i Comuni, in quanto enti esponenziali della comunità stanziata sul territorio.
A tale proposito, l’orientamento più risalente riteneva la necessità che l’ente in questione fosse dotato di personalità giuridica. La teoria formalistica è stata successivamente abbandonata in favore di una visione sostanzialistica, che fa dipendere la legittimazione alla tutela dalla rappresentatività degli enti esponenziali, di cui sono individuati i seguenti indici:
a) il fine istituzionale;
b) la possibilità concreta dell’ente, per organizzazione e struttura, di perseguire lo scopo;
c) la c.d. vicinitas.
In primo luogo, la protezione del bene a fruizione collettiva deve corrispondere a un fine statutariamente previsto dall’ente in questione; esso deve, inoltre, essere dotato di una struttura idonea ad assicurare detta finalità.Infine,l’interesse di cui l’ente è portatore deve essere localizzato, dovendo, in altri termini, sussistere uno stabile collegamento territoriale tra l’area di afferenza dell’attività dell’ente e la zona in cui è situato il bene che si assume leso.
La tutela giuridica degli interessi collettivi
La tutela giuridica degli interessi collettivi si esplica nell’ambito del procedimento amministrativo, nonché in sede processuale sia amministrativa, che civile, che penale.
Agli enti esponenziali in possesso dei requisiti innanzi ricordati è riconosciuta, anzitutto, la facoltà di partecipare al procedimento amministrativo, giusta il disposto di cui all’art. 9, legge 7 agosto 1990, n. 241, a norma del quale «qualunque soggetto portatore di interessi pubblici o privati, nonché i portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati cui possa derivare un pregiudizio dal provvedimento,hanno facoltà di intervenire nel procedimento».
È appena il caso di osservare che, secondo l’interpretazione preferibile, l’espressione «diffuso» viene impiegato in maniera atecnica nella richiamata norma che, più correttamente, avrebbe dovuto riferirsi agli interessi collettivi, per le ragioni poc’anzi illustrate.
In secondo luogo, compete agli enti esponenziali la legittimazione a impugnare, dinanzi al giudice amministrativo, il provvedimento illegittimo lesivo degli interessi collettivi rappresentati.
Al riguardo si discute circa il rapporto di possibile correlazione sussistente fra legittimazione procedimentale e legittimazione processuale (amministrativa): valorizzando il dato testuale di cui al citato art. 9, legge n. 241/1990, alcuni interpreti riconoscono la legittimazione ad agire davanti al giudice amministrativo a tutte le organizzazioni che siano ammesse a partecipare al procedimento amministrativo finalizzato all’emanazione del provvedimento impugnando (15).
Agli enti esponenziali spetta, ancora, la legittimazione ad agire in giudizio, stavolta dinanzi al giudice ordinario civile, per il risarcimento del danno derivante dal pregiudizio da chiunque arrecato all’interesse collettivo, impregiudicato, peraltro, il potere riconosciuto al privato titolare di una posizione differenziata e qualificata (16).
Parallelamente, gli enti de quibus possono costituirsi parte civile nel processo penale avente a oggetto l’accertamento del fatto di reato lesivo degli interessi medesimi (17).
Peraltro, indipendentemente dalla predetta costituzione – subordinata, come è noto, alla qualità di soggetto danneggiato dal reato – l’ente o l’associazione senza scopo di lucro rappresentativi di interessi lesi dal reato possono esercitare, in ogni stato e grado del procedimento, i diritti e le facoltà attribuiti alla persona offesa dal reato, a condizione che, anteriormente alla commissione del fatto per cui si procede, siano stati riconosciuti loro, in forza di legge, finalità di tutela degli interessi in questione (art.91 c.p.p.) (18).
15) Benvero, a fronte dell’orientamento che postula l’automatica correlazione fra legittimazione procedimentale e legittimazione processuale degli enti esponenziali (individuando nella partecipazione procedimentale il criterio legittimante l’impugnativa dinanzi al giudice amministrativo), altri ritengono che le due forme di tutela siano alternative fra loro. Altri ancora distinguono fra partecipazione “difensiva”, legittimante l’impugnazione del provvedimento amministrativo, e partecipazione meramente “collaborativa”. Di particolare pregio, infine, la tesi c.d. della partecipazione influente, secondo cui l’impugnazione del provvedimento amministrativo compete all’ente esponenziale la cui partecipazione al procedimento amministrativo abbia contribuito in maniera significativa alla decisione finale assunta dalla P.A. (cfr. CARINGELLA, Corso di diritto amministrativo, I, Giuffrè, 2005, 659 ss.).
16) Si distingue, al riguardo, fra beni divisibili, suscettibili di godimento separato da parte del singolo, e beni indivisibili.
17) La legittimazione a costituirsi parte civile nel processo avente a oggetto l’imputazione di usura è espressamente riconosciuta dalla legge 7 marzo 1996, n. 108, alle associazioni e alle fondazioni riconosciute per il fenomeno di usura.
18) La relativa disciplina è contenuta negli articoli successivi. Ai sensi dell’art. 92 c.p.p., «L’esercizio dei diritti e delle facoltà spettanti agli enti e alle associazioni rappresentativi di interessi lesi dal reato è subordinato al consenso della persona offesa. Il consenso deve risultare da atto pubblico o da scrittura privata autenticata e può essere prestato a non più di uno degli enti o delle associazioni. È inefficace il consenso prestato a più enti o associazioni. Il consenso può essere revocato in qualsiasi momento con le forme previste dal comma 2. La persona offesa che ha revocato il consenso non può prestarlo successivamente né allo stesso né ad altro ente o associazione». «Per l’esercizio dei diritti e delle facoltà previsti dall’art.91 l’ente o l’associazione presenta all’autoritàprocedente unatto di intervento che contiene a pena di inammissibilità: a) le indicazioni relative alla denominazione dell’ente o dell’associazione, alla sede, alle disposizioni che riconoscono le finalità di tutela degli interessi lesi, alle generalità del legale rappresentante; b) l’indicazione del procedimento; c) il nome e il cognome del difensore e l’indicazione della procura; d) l’esposizionesommaria delle ragioni che giustificano l’intervento; e) la sottoscrizione del difensore. Unitamente all’atto di intervento sono presentate la dichiarazione di consenso della persona offesa e la procura al difensore se questa è stata conferita nelle forme previste dall’art. 100, comma 1. Se è presentato fuori udienza, l’atto di intervento deve essere notificato alle parti e produce effetto dal giorno dell’ultima notificazione. L’intervento produce i suoi effetti in ogni stato e grado del procedimento » (art. 93 c.p.p.). Gli enti e le associazioni rappresentativi di interessi lesi dal reato possono intervenire nel procedimento fino a che non siano compiuti gli adempimenti relativi alla costituzione delle parti (cfr. art. 94 c.p.p.). «Entro tre giorni dalla notificazione eseguita a norma dell’articolo 93, comma 3, le parti possono opporsi con dichiarazione scritta all’intervento dell’ente o dell’associazione. L’opposizione è notificata al legale rappresentante dell’ente o dell’associazione, il quale può presentare le sue deduzioni nei cinque giorni successivi.
Se l’intervento è avvenuto prima dell’esercizio dell’azione penale, sull’opposizione provvede il giudice per le indagini preliminari; se è avvenuto nell’udienza preliminare, l’opposizione è proposta prima dell’apertura della discussione; se è avvenuto in dibattimento, l’opposizione è proposta a norma dell’art. 491, comma 1. I termini previsti dai commi 1 e 2 sono stabiliti a pena di decadenza. Il giudice provvede senza ritardo con ordinanza. In ogni stato e grado del processo il giudice, qualora accerti che non esistono i requisiti per l’esercizio dei diritti e delle facoltà previsti dall’art. 91, dispone anche di ufficio, con ordinanza, l’esclusione dell’ente o dell’associazione» (art. 95 c.p.p.).
La scelta compiuta dal Legislatore in materia ambientale
Giova ricordare che in alcuni settori, fra cui l’ambiente, a fronte dell’elevato numero di giudizi instaurati da organismi associativi sorti spontaneamente a tutela dell’interesse in oggetto, il Legislatore ha ritenuto di introdurre una specifica disciplina positiva, riconoscendo la facoltà di intervento alle sole associazioni individuate con apposito decreto ministeriale.
Nella sua formulazione originaria,l’art.18, legge 8 luglio 1986, n. 349, istitutiva del Ministero dell’Ambiente, aveva attribuito la legittimazione ad agire per il risarcimento del danno ambientale allo Stato e agli enti territoriali sui quali incidono i beni oggetto del fatto lesivo (comma 3).
Il successivo comma 4 abilitava le associazioni ambientaliste di cui all’art.13 del medesimo provvedimento legislativo, a denunziare i fatti lesivi di cui fossero a conoscenza, al fine di sollecitare l’esercizio dell’azione da parte dei soggetti legittimati. Correlativamente, l’art.9, comma 3, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, prevedeva la possibilità per le predette associazioni di promuovere le azioni risarcitorie quali sostituti processuali dei comuni e delle province legittimati ad agire.
Il comma 5 dell’art. 18, legge n. 349/1986, legittimava (e legittima) le associazioni de quibus a intervenire nei giudizi risarcitori e a ricorrere al giudice amministrativo per l’annullamento di provvedimenti illegittimi.
La norma all’esame è stata abrogata, a eccezione del comma 5, dal D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, che attribuisce la legittimazione all’azione risarcitoria, in via esclusiva, allo Stato, residuando in capo agli enti territoriali un mero potere di sollecitazione e di denunzia. Resta peraltro ferma la facoltà di intervento,da parte delle associazioni ambientaliste,nei giudizi instaurati dallo Stato, nonché la legittimazione all’impugnativa dei provvedimenti amministrativi lesivi degli interessi legittimi.
La disciplina illustrata, lungi dal fare luce sulla problematica che ci occupa, ha contribuito ad alimentare il dibattito dottrinario e giurisprudenziale in materia di costituzione di parte civile degli enti esponenziali.
la GIURISPRUDENZA
Evoluzione giurisprudenziale sulla costituzione di parte civile degli enti esponenziali
Facendo proprie le conclusioni della dottrina e della giurisprudenza amministrativa, la giurisprudenza penale ammette ormai pacificamente la costituzione di parte civile degli enti esponenziali di interessi collettivi.
In proposito l’orientamento della giurisprudenza di legittimità non è stato sempre univoco, distinguendosi – come puntualmente schematizzato dalla Cassazione penale con riferimento all’ambiente (19) – quattro filoni interpretativi: secondo il primo, le associazioni (ambientaliste) avrebbero solo una facoltà di intervenire nel giudizio penale ai sensi degli artt. 91 ss. c.p.p., subordinata perciò al consenso della persona offesa dal reato (20); altre pronunce configurano in capo alle associazioni medesime un’azione civile atipica, avente a oggetto non il risarcimento del danno, bensì unicamente la rifusione delle spese processuali (21); un terzo orientamento ritiene che le associazioni ambientaliste individuate dal Ministero per l’Ambiente ai sensi dell’art. 13 della legge n. 349/1986 possano, a norma dell’art. 4, comma 3, legge 3 agosto 1999,n.265 (disposizioni in materia di autonomia e ordinamento degli enti locali) poi trasfuso nell’art. 9, comma 3, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (Testo Unico sull’ordinamento degli enti locali) (22), proporre le azioni risarcitorie per danno ambientale spettanti al Comune e alla Provincia, ma l’eventuale risarcimento sarebbe liquidato in favore dell’ente sostituito, mentre le spese processuali verrebbero liquidate nei confronti delle associazioni (23).
Infine, un quarto indirizzo sostiene che «le associazioni ambientaliste, anche se non riconosciutE ai sensi del citato art. 13, legge n. 349/1986, sono legittimate all’azione risarcitoria vera e propria, anche in sede penale mediante la costituzione di parte civile,solo nella misura in cui sono portatrici non di interessi diffusi e astratti, ma di interessi ambientali concretamente individualizzati. Secondo quest’ultima tesi le associazioni ambientaliste in quanto tali hanno diritto al risarcimento del danno ambientale quando questo offende un diritto patrimoniale oppure un diritto morale del sodalizio, identificato quest’ultimo in un interesse ambientale storicamente e geograficamente circostanziato che il sodalizio ha assunto come proprio scopo statutario» (24).
19) Cass. pen., Sez. III, 9 ottobre 2006, n. 33887.
20) Ex multis Cass. pen., Sez. III, 23 giugno 1994, n. 7275, in Riv. pen., 1995, 329.
21) Cass. pen., Sez. III, 26 febbraio 1991, n. 2603, in Cass. pen. 1991, I, 2016; nel medesimo senso cfr. Cass. pen., Sez. III, 11 aprile 1992, n. 4487, e 10 novembre 1993, n. 439, citate da Cass. pen., Sez. III, 9 ottobre 2006, n. 33887.
22) Disposizione da ultimo abrogata ex art. 318, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale.
23) Cass. pen., Sez. III, 3 dicembre 2002, n. 43238.
24) L’indirizzo ermeneutico, così testualmente riportato dalla sentenza in commento (Cass. n. 33887/2006, cit.) è ascrivibile alle seguenti pronunce, tutte menzionate nella sentenza predetta: Cass. pen., Sez. III, 10 gennaio 1990, n. 59, e 26 settembre 1996, n. 8699, che hanno specificamente configurato la risarcibilità della lesione che il danno ambientale apporta allo scopo istituzionale dell’associazione; nonché Cass., Sez. III, 1° ottobre 1996, n. 9837; 2 febbraio 1996, n. 3503 e 10 giugno 2002, n. 22539.
L’orientamento attuale
Siffatta impostazione, sposata dalla giurisprudenza più attuale, si rifà al paradigma dell’azione aquiliana di cui all’art. 2043 cc., configurando in capo alle associazioni ambientaliste, in quanto tali, un interesse legittimo alla tutela dell’ambiente, idoneo a essere leso dal danno ambientale.
Lo schema è agevolmente riferibile a qualsivoglia ente esponenziale di interessi collettivi.
L’indirizzo in commento si avvale della sistemazione teorica elaborata dalla dottrina e dalla giurisprudenza amministrativa in tema di interessi diffusi e di interessi collettivi, sopra esposta nel presente elaborato, secondo cui gli interessi diffusi, che sono in genere comuni a tutti gli individui di una formazione sociale o addirittura della comunità nazionale o internazionale, nascono privi di tutela giurisdizionale in quanto adespoti, mentre gli interessi collettivi, che sono comuni a più soggetti che si associano come categoria o gruppo omogeneo per realizzare i fini del gruppo stesso, sono suscettibili di tutela, in quanto trovano una titolarità in enti esponenziali capaci di agire, che si distinguono tanto dalla comunità generale quanto dai singoli associati nell’organizzazione.
Per consentire il passaggio da interessi diffusi nella comunità, privi di tutela, a interessi collettivi legittimi, dotati di tutela davanti al giudice amministrativo, occorre che i primi siano non solo differenziati, ma anche qualificati alla stregua di precisi requisiti, che la giurisprudenza amministrativa individua nel collegamento territoriale (25) e nella partecipazione procedimentale (26).
La titolarità di un interesse legittimo in capo agli enti collettivi legittima gli stessi, altresì, all’eserciziodell’azione dirisarcimento in sede civile e in sede penale,posto che la Cassazione,a partire dalla fondamentale pronuncia resa a Sezioni Unite in data 22 luglio 1999, n. 500, ammette ormai pacificamente la tutela aquiliana degli interessi legittimi ai sensi dell’art.2043 c.c., norma non più circoscritta alla salvaguardia dei diritti soggettivi, ma riferibile alla lesione di ogni interesse rilevante per l’ordinamento, a prescindere dalla sua qualificazione formale.
Discende da quanto precede la possibilità che gli enti esponenziali di interessi collettivi vengano danneggiati da attività lesive degli interessi di cui sono portatori, e la conseguente legittimazione degli stessi, in via autonoma e principale, all’azione di risarcimento per danno, quando siano statutariamente portatori di interessi territorialmente determinati, concretamente lesi da un’attività illecita.
Benché la produzione giurisprudenzialesia particolarmente fiorente in materia ambientale, non mancano interessanti pronunce, sia di legittimità che di merito, che hanno riconosciuto la legttimazione alla costituzione di parte civile di enti esponenziali di interessi diversi (27).
25) Cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 24 del 19 ottobre 1979, citata da Cass. pen. n. 33887/2006, che ha escluso la legittimazione dell’Associazione Italia Nostra perché i suoi fini statutari avevano per oggetto interessi non localizzabili in un ambiente circoscritto, ma estesi a una dimensione nazionale.
26) Cons.Stato, Sez. VI, 27 agosto 1982, n. 407, ha riconosciuto lalegittimazione dell’Associazione Italiana per il World wildlife fund a impugnare un provvedimento in materia venatoria, in considerazione del fatto che essa era chiamata a designare un proprio rappresentante in seno al Comitato tecnico venatorio nazionale.
27) Si vedano, in particolare, le sentenze della Cass. pen. 23 marzo 2004, n. 28025, e del 3 marzo 1993, n. 19595, in Ced Cassazione,che hanno ritenuto la legittimazione alla costituzione di parte civile, rispettivamente, del Tribunale per i diritti del malato in un procedimento per reato di colpa medica e falso nella cartella clinica, e del partito politico cui apparteneva l’ucciso che vi svolgeva incarichi e funzioni di preminente importanza. Cfr., altresì, Cass. pen., Sez. III, 15 ottobre 2008, n. 38835, che ha riconosciuto la legittimazione del Comune a costituirsi parte civile in un giudizio perviolenza sessuale; Trib. Perugia, ord., 18 marzo 2008, n. 3498, sulla costituzione di parte civile delle associazioni “Giuristi Democratici” e “Ossigeno Onlus” in giudizio di “femminicidio” (imputazione di omicidio ai danni di una donna, nella fattispecie moglie dell’imputato, incinta di otto mesi e mezzo, commesso “con crudeltà” e “per futili motivi”, nonché di maltrattamenti a carico della stessa e dei figli con “violenza psicologica”); Trib. Nola, ord., 7 novembre 2007, sulla costituzione di parte civile delle associazioni a tutela dei diritti dei consumatori; Trib. Milano, ord., 24 settembre 2004, cit., che ha ammesso la costituzione di parte civile dell’organizzazione sindacale Filt Milano.
“LEGITIMATIO AD CAUSAM” DELLE ASSOCIAZIONI AMBIENTALISTE:
LE TAPPE DELL’EVOLUZIONE GIURISPRUDENZIALE
Cassazione pen., Sez. III, 15 gennaio 2007, n. 554
Sussistono due differenti istituti che consentono l’accesso al giudizio penale di formazioni sociali ambientaliste portatrici di interessi superindividuali. Tali sodalizi, quando sussistano i presupposti di legge, possono costituirsi parti civili oppure possono intervenire nel processo a sensi dell’art. 91 c.p.p, con poteri identici a quelli della persona offesa al cui consenso è subordinato l’esercizio dello intervento stesso.
Le associazioni ecologiste, ancorché non riconosciute ex art. 13, legge n. 349/1986, sono legittimate in via autonoma e principale all’azione di risarcimento per il danno ambientale e, quindi, a costituirsi parte civile nel processo penale quando siano, in base al loro statuto, portatrici di interessi ambientali, territorialmente delimitati, in modo concreto lesi dalla attività illecita. ( www.ambientediritto.it )
Cassazione pen., Sez. III, 9 ottobre 2006, n. 33887
Le associazioni ambientaliste, anche se non riconosciute ai sensi del citato art. 13, legge n. 349/1986, sono legittimate all’azione risarcitoria vera e propria, anche in sede penale mediante la costituzione di parte civile, solo nella misura in cui sono portatrici non di interessi diffusi e astratti, ma di interessi ambientali concretamente individualizzati.
Le associazioni ambientaliste in quanto tali hanno diritto al risarcimento del danno ambientale quando questo offende un diritto patrimoniale oppure un diritto morale del sodalizio, identificato quest’ultimo in un interesse ambientale storicamente e geograficamente circostanziato che il sodalizio ha assunto come proprio scopo statutario. (Lex24 & Repertorio24)
Cassazione pen., Sez. III, 3 dicembre 2002, n. 43238
È ammissibile, in un procedimento per reati ambientali, la costituzione di parte civile di un’associazione ricompresa tra quelle di cui agli artt. 13 e 18, legge 8 luglio 1986, n. 349, atteso che a tali associazioni è riconosciuto il diritto di intervenire in giudizio ogni qual volta una determinata condotta possa avere recato danno all’ambiente o a uno dei suoi componenti essenziali, e ciò in considerazione del ruolo svolto da tali associazioni, che è quello di assecondare l’attività dello Stato nella salvaguardia dell’ambiente.
Le associazioni di protezione ambientale riconosciute ai sensi dell’art. 13, legge 6 luglio 1986, n. 349, possono costituirsi parte civile nei procedimenti per reati ambientali, ma non possono richiedere e ottenere la condanna dell’imputato al risarcimento in proprio favore dei danni materiali e/o morali eventualmente conseguenti, spettando alle stesse la sola rifusione delle spese processuali. Le associazioni di protezione ambientale individuate ai sensi dell’art. 13, legge 8 luglio 1986, n. 349, possono proporre le azioni risarcitorie conseguenti a danno ambientale, di competenza del giudice ordinario, che spettano al comune o alla provincia, ma l’eventuale risarcimento del danno deve essere liquidato in favore dell’Ente sostituito. (Lex24 & Repertorio24)
Cassazione pen., Sez. III, 23 giugno 1994, n. 7275
In tema di risarcimento del danno derivante dall’alterazione dell’ambiente, le associazioni deputate alla sua tutela e i privati cittadini non sono legittimati alla costituzione di parte civile, che è collegata all’azione risarcitoria, spettante esclusivamente allo Stato e agli enti territoriali (es: Regioni, Province, Comuni), sui quali incidano i beni oggetto del fatto lesivo.
Ai cittadini è riconosciuto soltanto il potere di denuncia.Alle menzionate associazioni è attribuita una facoltà di intervento, con poteri considerati identici – per fictio iuris – a quelli della parte offesa, al cui consenso è subordinato l’esercizio dell’intervento stesso, limitato comunque a non più di una di tali organizzazioni. (Riv. pen., 1995, 329).
Cassazione pen., Sez. III, 28 ottobre 1993, n. 9727
Non sono legittimati a costituirsi parte civile gli enti e le associazioni, ancorché abbiano ottenuto il riconoscimento governativo ex art. 13, legge n. 349/1986, quando l’interesse perseguito sia quello ambientale genericamente inteso o comunque un interesse che, per essere caratterizzato da un mero collegamento ideologico con l’interesse pubblico, resta un interesse diffuso, come tale non proprio del sodalizio e perciò anche non risarcibile. (Lex24 & Repertorio24)
COSTITUZIONE DI PARTE CIVILE DI ENTI ESPONENZIALI DI INTERESSI
COLLETTIVI DIVERSI DALL’AMBIENTE
Cassazione pen., Sez. III, 15 ottobre 2008, n. 38835
Quando l’interesse generico e diffuso alla tutela di un bene giuridico non sia astrattamente configurato, ma si concrenta in una determinata realtà storica, diventando ragion d’essere e, perciò, elemento costitutivo di un sodalizio, è ammissibile la sua costituzione di parte civile, sempre che dal reato sia derivata una lesione di un diritto soggettivo inerente allo scopo specifico perseguito. Anche per la prevenzione e la repressione delle violazioni delle norme poste a tutela della libertà di determinazione della donna è configurabile in capo al Comune (che, rispetto al territorio in cui il fatto è commesso, ha una stabile relazione funzionale e ha inserito tale tutela tra i propri scopi, primari e autonomi) la titolarità di un diritto soggettivo e di un danno risarcibile, individuabile in ogni lesione del diritto stesso, sicché esso è legittimato alla costituzione di parte civile per il risarcimento dei danni morali e materiali relativi all’offesa, diretta e immediata, dello scopo sociale. (Lex24 & Repertorio24)
Tribunale di Nola (ord.) 7 novembre 2007
La legittimazione processuale degli enti esponenziali a tutela dei consumatori va ritenuta laddove trattasi di organismi che, essendo sorti con la finalità primaria di tutela della situazione soggettiva coinvolta anche dalla vicenda penale, possono dirsi lesi nel loro diritto di personalità, nel senso che hanno subito un danno promanante in via immediata e diretta dal reato oggetto del processo all’interesse di cui sono portatori che costituisce il loro patrimonio imprescindibile.
Cassazione pen., Sez. III, ud. prel. 3 ottobre 2007
Gli enti e le associazioni sono legittimati all’azione risarcitoria, anche in sede penale mediante costituzione di parte civile, ove dal reato abbiano ricevuto un danno a un interesse proprio, sempreché l’interesse leso coincida con un diritto reale o comunque con un diritto soggettivo del sodalizio, e quindi anche se offeso sia l’interesse perseguito in riferimento a una situazione storicamente circostanziata, da esso sodalizio preso a cuore e assunto nello statuto a ragione stessa della propria esistenza e azione, come tale oggetto di un diritto assoluto ed essenziale dell’ente. Ciò sia a causa dell’immedesimazione fra l’ente stesso e l’interesse perseguito, sia a causa dell’incorporazione fra i soci e il sodalizio medesimo, sicché questo, per l’affectio societatis verso l’interesse prescelto e per il pregiudizio a questo arrecato, patisce un’offesa e perciò anche un danno non patrimoniale dal reato. (Lex24 & Repertorio24)
Tribunale di Milano, Sez. IX pen., (ord.) 24 settembre 2004
Con riferimento alla legittimazione degli enti e associazioni a costituirsi parte civile nel processo penale, è generalmente condiviso il principio secondo cui quando l’interesse diffuso tutelato da enti o associazioni non è astrattamente connotato, ma si concretizza in una determinata realtà storica di cui il sodalizio ha fatto il proprio scopo, diventando la ragione e, perciò, l’elemento costitutivo di esso, è ammissibile la costituzione di parte civile di tale ente, sempre che dal reato sia derivata una lesione di un diritto soggettivo inerente allo scopo specifico perseguito. Nella ricorrenza di tali presupposti è stato ritenuto configurabile un diritto soggettivo dell’ente alla tutela dell’interesse collettivo perseguito e inoltre ipotizzabile una lesione del diritto della personalità dell’ente conseguente all’offesa “diretta e immediata” dello scopo sociale costituente la finalità propria del sodalizio (nella fattispecie il Giudice ha ravvisato la sussistenza, in capo alla organizzazione sindacale Filt-Milano, di un diritto soggettivo alla tutela dell’interesse collettivo alla protezione e al miglioramento dei diritti economici, professionali, sociali e morali dei lavoratori dei trasporti operanti in Milano, e delle loro condizioni di vita e di lavoro, interesse assunto dalla suddetta Federazione, ai sensi dell’art. 2 del relativo statuto, quale ragione stessa della propria esistenza, ammettendo la relativa costituzione di parte civile. (www.cgil.it)
Cassazione penale, Sez. V, 23 marzo 2004, n. 28025
In procedimento per reato colposo derivante da colpa medica e per falso in atto pubblico, commesso mediante alterazione delle annotazioni contenute nella cartella clinica, è legittima la costituzione di parte civile dell’associazione denominata “Movimento federativo democratico – Tribunale dei diritti del malato”, considerando, per un verso, che tale associazione persegue lo scopo istituzionale di limitare e rimuovere attentati all’integrità fisica e psichica delle persone negli ambienti dei servizi pubblici e sociali e quindi di garantire un corretto rapporto tra il paziente e la struttura sanitaria; per altro verso, che il diritto alla salute è un diritto non solo individuale, ma anche collettivo, ai sensi dell’art. 32 Cost. (Ced Cassazione)
la DOTTRINA
Criterio rappresentativo e criterio della partecipazione procedimentale
Il tema oggetto del presente lavoro è stato ampiamente dibattuto dalla dottrina amministrativi-stica, cui si deve l’elaborazione teorica del processo di soggettivizzazione degli interessi diffusi, che ha condotto al riconoscimento dell’accesso degli stessi alla tutela giurisdizionale.
Accanto al criterio sostanzialistico della rappresentatività, riportato più sopra, la dottrina medesima valorizza, altresì, il criterio della partecipazione procedimentale, cui pure si è fatto cenno, che pone in stretta correlazione la tutela giurisdizionale amministrativa con la partecipazione – accordata agli enti esponenziali ex art. 9, legge n. 241/1990 – al procedimento prodromico alla emanazione del provvedimento lesivo degli interessi di cui sono portatori.
Per ulteriori approfondimenti dottrinali
– CARINGELLA, Corso di diritto amministrativo, I, Giuffrè, 2005;
– DALIA-FERRAIOLI, Manuale di diritto processuale penale, Cedam, 2006;
– FIANDACA-MUSCO, Diritto penale parte generale, Zanichelli, 2005;
– GAROFOLI, Manuale di diritto penale. Parte generale, Giuffrè, 2006;
– MARUOTTI, «La tutela degli interessi diffusi e collettivi», in Dir. proc. amm., 1992, 255;
– NIGRO, «Le due facce dell’interesse diffuso: ambiguità di una formula», in Foro it., 1987,V, 7;
– RAMACCI, Diritto penale dell’ambiente, Cedam, 2007.
le CONCLUSIONI
La costituzione di parte civile, strumento che l’ordinamento accorda alla persona danneggiata dal reato, per far valere, nel processo penale avente a oggetto l’accertamento del fatto criminoso, l’azione finalizzata al risarcimento del danno che sia derivato dal fatto medesimo, è una facoltà riconosciuta, altresì, agli enti esponenziali di interessi collettivi.
Questi ultimi, in quanto siano differenziati, vale a dire distinguibili tanto dalla comunità generale quanto dai singoli associati, e qualificati – ciò che si verifica allorché l’ente esponenziale sia statutariamente titolare di interessi territorialmente determinati, suscettibili di essere concretamente lesi dall’attività illecita – si atteggiano quali interessi legittimi meritevoli di tutela da parte dell’ordinamento giuridico.
Siffatta tutela si esplica, in particolare, sul piano risarcitorio, alla stregua del disposto di cui all’art. 2043 c.c., che stabilisce il principio del neminem laedere, giustificando l’iniziativa giurisdizionale protesa al ristoro del pregiudizio arrecato a qualsivoglia posizione soggettiva riconosciuta e tutelata dall’ordinamento giuridico.
la PRATICA
Fac-simile di costituzione di parte civile di organismo associativo
N. <…> R.G.N.R.
Procedimento penale a carico di <…>
Udienza del <…>
Tribunale di <…>
<…> Sezione penale
Atto di costituzione di parte civile
Il sottoscritto <…>, nato a <…> il <…>, cod. fisc. <…>, in qualità di legale rappresentante dell’Associazione <…>, con sede in <…> alla via <…>, elettivamente domiciliato in <…> alla via <…>, presso lo studio dell’Avv. <…>, dal quale è rappresentato e difeso in virtù di procura speciale in calce al presente atto, danneggiato dal reato nel procedimento di cui in epigrafe a carico di <…>, imputato nel procedimento penale n. <…>, pendente innanzi al Tribunale di <…>, <…> Sezione, dott. <…>, del delitto previsto dall’art. <…>, perché <…>, accertato in <…>, il <…>,
premesso che
<esposizione delle ragioni che giustificano la domanda>
Tanto premesso, il Sig. <…>, nella spiegata qualità di legale rappresentante dell’Associazione <…>, dichiara di volersi costituire, come in effetti con la sottoscrizione del presente atto si costituisce parte civile nel procedimento a carico di <…>, sopra meglio identificato, insistendo per la punizione dell’imputato, nonché per la sua condanna al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separata sede, ovvero nella presente secondo equità, come da conclusioni che rassegna a parte.
<…>, lì <…>
Il legale rappresentante dell’Associazione <…>
<…>
Avv. <…>
PROCURA SPECIALE
Nella mia qualità di legale rappresentante dell’Associazione <…>, nomino mio difensore e procuratore speciale l’Avv. <…>, affinché mi rappresenti e difenda in ogni stato e grado del presente procedimento con tutte le facoltà di legge e con promessa di rato e fermo.
Eleggo domicilio presso il Suo studio legale in <…>
Il legale rappresentante dell’Associazione <…>
<…>
Per autentica Avv. <…>
Diana Russo
(da: www.24oreavvocato.ilsole24ore.com) Maggio 2009 – n. 580