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$TATO, MAFIA, MA$$ONERIA COME UNICO $ISTEMA

mercoledì 01st, Dicembre 2010 / 17:24 Written by

Io Leggo e Diffondo www.lavocedirobinhood.it/

Perché rivela i misteri nascosti dai mass media;

Perché denuncia i soprusi dei poteri forti;

Perché non esiste Vera Libertà senza Vera Giustizia;

Perché credo che "Stato e mafia" siano divenuti una "Cosa sola".

di Pietro Palau Giovannetti

(Presidente del Movimento per la Giustizia Robin Hood)

postato 11 Settembre 2007

Dopo i più noti crac finanziari di Banco Ambrosiano, Cirio, Parmalat, VolareWeb, bond argentini e le più recenti ombre di fallimento che da almeno un paio d’anni aleggiano sulla compagnia di bandiera Alitalia, tutti caratterizzati da bilanci fantasiosi, controllori che non controllano, conflitti di interesse, ingerenze di gruppi trasversali di pressione, logge massoniche e partiti di ogni colore politico, c’è solo da domandarsi quale sarà la prossima pretesa "mela marcia" che colpirà l’economia italiana o, meglio, più precisamente, i lavoratori e gli ingenui piccoli investitori, che credono, ancora, alle favole dei miracoli delle borse e alla esistenza di un’economia pulita, retta sui principi del rispetto delle regole del mercato e della legalità, che dovrebbero venire garantite, nella pura teoria, dai controlli delle istituzioni bancarie centrali interne ed europee e dal potere giudiziario, al quale è delegato il dovere istituzionale di contrastare le infiltrazioni mafiose nel tessuto sano della società civile e dell’economia.

Istituzioni, invece, loro malgrado, per lo più assoggettate alle logiche del profitto e agli interessi dei poteri forti economico-finanziari, cosiddetti globali, che attraverso una ventina di "conglomerate" (meglio conosciute come "galassie", da cui dipendono le multinazionali) detengono, incontrastatamente, il potere di controllo e di condizionamento delle politiche economiche e sociali delle nazioni.

Quella che emerge dalle origini del Regno d’Italia e dalla successiva Repubblica è infatti una situazione di atavica scelleratezza del sistema economico e politico italiano, dove l’unica vera incontrastata regola è quella dell’intangibilità dell’establishment e degli affiliati alle varie consorterie politico-mafiose e ai partiti di regime che, ieri come oggi, controllano le leve del potere, i grandi gruppi finanziari e industriali, le banche e le istituzioni economiche in genere.

Una vera e propria jungla dove le regole valgono solo per i pesci piccoli, dove i bilanci sono un pro-forma e dove a pagare sono sempre e solo i dipendenti pubblici e privati, i consumatori e i piccoli azionisti, e non di certo i grandi gruppi finanziari che, da ogni bufera, in genere da loro stessi provocata, ne escono sempre rafforzati, attraverso acquisizioni, fusioni societarie e ricapitalizzazioni.

Tali riflessioni, corroborate dai clamorosi sviluppi delle inchieste dei P.M. di Parma, Potenza (Woodcock), Catanzaro (De Magistris) e del G.I.P. di Milano, Clementina Forleo (queste ultime tutte a rischio di insabbiamento), vengono, ormai, condivise anche da vasti settori della Confindustria e da associazioni di cultura liberale, che si ispirano al pensiero di Daherendorf e Von Hayek, dove è sempre più diffusa l’opinione che sia giunto il momento di interrogarsi se il modello liberista anglosassone, che rappresenta il punto di riferimento della nostra economia, sia ancora attuale e possa essere applicabile ad un Paese, come il nostro, dove il rispetto delle regole è un vero e proprio "optional" e dove a governare sono i poteri occulti.

Quello che va quindi affrontato con urgenza è l’allarmante stato della democrazia e l’indipendenza delle istituzioni dello Stato da ogni condizionamento esterno, senza il quale qualsiasi Paese è destinato ad un inesorabile lento declino, che travolgerà la stessa economia e la parte sana della nazione.

Il progressivo degrado in atto delle istituzioni giuridiche, politiche ed economiche va, pertanto, ricercato nella capacità dei "poteri esterni" di condizionare la società civile ed ingerire nelle scelte istituzionali. Argomento su cui tornerò nei prossimi numeri, risalendo alle origini dello Stato e del "regime occulto" che lo fagocita, fornendo una serie di dati, riferimenti bibliografici, approfondimenti di inchieste, testimonianze storiche, sentenze, dichiarazioni di pentiti e investigatori, a sostegno della concezione paradigmatica, che potremmo qualificare "etnosociologica", per cui un’elevata percentuale di magistrati e di infedeli funzionari dello Stato, obbedisce, solo, rigorosamente, all’ordinamento "masso-mafioso" di appartenenza, anziché alle Leggi dello Stato e agli interessi della collettività, quando si tratta di giudicare questioni in cui è parte un coaffiliato alle logge, impedendo l’affermarsi nelle istituzioni della cultura della legalità e del rispetto del principio di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge.

A riguardo, sulle collusioni tra Stato, mafia e massoneria vanno ricordati gli importanti risultati della inchiesta dell’ex Procuratore di Palmi, Agostino Cordova, il quale svolse approfondite indagini sulle svariate logge massoniche e "obbedienze", operanti in Italia, accertando che nessuna di esse risultava svolgere le nobili attività umanitarie, contemplate nei propri statuti, risultando la maggior parte dedite ad attività affaristiche od illecite  [secondo dati più recenti, aggiornati al
settembre 2003, risultano operanti in Italia ben 576 logge affiliate al Grande Oriente d’Italia, che conta 14.929 iscritti, oltre ad altre 73 diverse massonerie, tra cui la "Gran Loggia Nazionale d’Italia di Rito Scozzese antico e accettato", di cui è Gran maestro Onorario, Licio Gelli, riammesso dal principe siciliano Giorgio Paternò, il quale l’11.11.90 riunì all’Hotel Midas di Roma i promotori della Lega Meridionale, partito politico creato allo scopo di portare in Parlamento lo stesso Gelli e Don Vito Ciancimino, ex Sindaco di Palermo, condannato per reati di mafia] ("Politica e Giustizia, il Grande Oriente è risorto", C. De Gregorio, La Repubblica, 11.10.2003).

Quella fitta biografia di connessioni e poteri sociali, economici, culturali, istituzionali, che avevano portato ad individuare l’intreccio al più alto livello tra mafia, politica e affari, costato la morte a Falcone, Borsellino, Dalla Chiesa e a tanti altri fedeli servitori dello Stato, sembra oggi essersi ormai dissolta nella nebbia degli archivi giudiziari e del vile silenzio che avvolge anche i media, sordi ciechi e muti, quando si tratta di parlare del rapporto tra Stato, mafia e massoneria, del quale si giunge a cercare di celarne la stessa esistenza e rimuovere dalla coscienza collettiva qualsiasi memoria storica del fenomeno.

E’ un fatto innegabile che, tutt’oggi, seppure nell’era della comunicazione di massa, la massoneria resti ai più una realtà oscura e segreta, i cui misteri e scandali attraversano l’intera storia del Paese, rimanendo costantemente impuniti e coperti dalla magistratura e dal potere politico.

A riguardo, va ricordato che, sin dagli albori del Regno d’Italia, quando la Massoneria si era sviluppata notevolmente, iniziando a perdere il proprio spirito propulsivo e innovatore, dopo essersi allontanata dai principi originari consacrati nelle sue stesse costituzioni e invaso la stampa, la magistratura e l’attività legislativa, corrompendone le attività, già si calcolava che su 505 parlamentari ben trecento di essi fossero (notoriamente) massoni, di cui due divennero Presidenti del Consiglio [De Pretis, alla guida del Paese per ben 11 anni e Francesco Crispi per 8 anni]. 

Ed oggi, ancora, come noto, la storia si ripete con le più alte cariche dello Stato e i maggiori rappresentanti delle compagini governative sia di centrodestra che di centrosinistra,  da Berlusconi (P2) a Prodi (al quale è attribuita l’appartenza alla loggia di San Marino), posto che la massoneria è un potere trasversale agli schieramenti politici e alla stessa Chiesa Cattolica, controllata dalla Gran Loggia Vaticana.

Le fonti storiche e bibliografiche che documentano i più famosi scandali dell’epoca, tra cui quelli delle "Ferrovie", delle "Regie Tabaccherie", del "Banco di Napoli", del "Banca Romana" e del "Banco di Sicilia", tutti maturati all’ombra del perverso intreccio di interessi tra vertici dello Stato e della Massoneria, ben ci dimostrano come nulla sia cambiato rispetto ai più moderni crac finanziari dei banchieri Sindona (Banca Privata) e Calvi (Banco Ambrosiano): il primo avvelenato in carcere e il secondo assassinato dalla P2, sotto il"ponte dei Frati Neri", a Londra, dove fu inscenato un finto suicidio per lungo tempo avvallato dalla magistratura italiana e britannica.

Ieri come oggi, i sistemi criminali per controllare le sorti dello Stato, usati dalla massoneria (che pur si ammanta di forti valori etici, filosofici, sociali e umanitari), non sono quindi mutati, come ci documenta nel passato l’assassinio del marchese Notarbatolo, Direttore del Banco di Sicilia, il quale venne punito con la morte per avere denunciato forti ammanchi nel suo istituto, e per il cui delitto fu, inizialmente, condannato a 30 anni di carcere il deputato massone Palizzolo.

Condanna che venne, poi, annullata dalla Corte di Cassazione, la quale già succube del regime occulto, provvide a disporre un nuovo processo, che si concluse con una vergognosa assoluzione e l’assoluta impunità del turpe delitto, che tanto ci ricordano i moderni processi farsa e i molti magistrati corrotti "ammazzasentenze" che condizionano le attività giudiziarie e  la giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione, garantendo  l’impunità degli affiliati alle cosche mafiose e alle logge massoniche.

La storia come vedete continua ancora oggi tristemente a ripetersi …

Lo stesso dicasi per quanto attiene lo scandalo della Banca Romana che coinvolse politici, banchieri e militari, iscritti all’originaria Propaganda 2, fondata nel 1875, da Adriano Lemmi, il quale senza bisogno di particolari commenti ci riporta immediatamente alla mente la loggia, poi, ricostituita da Licio Gelli con il nome di "P2", ispirata dal medesimo disegno criminoso di controllare i gangli fondamentali delle istituzioni democratiche, per illeciti fini personali ed eversivi.

Nonostante fosse stato ritenuto uno dei maggiori scandali europei dell’epoca, nel quale la Banca Romana, oltre a mettere in circolazione valuta per cifre enormemente superiori alle proprie riserve, aveva emesso banconote false per oltre 40.000.000 di lire dell’epoca, elargite a piene mani per donazioni a politici massoni, l’allora Presidente del Consiglio, Francesco Crispi, ordinò di insabbiare tutto per coprire i tanti parlamentari affiliati che avevano attinto alle casse della Banca Romana, affossando ogni indagine, anche per la morte sospetta del deputato De Ze
rbi
, accusato di avere intascato una tangente da 9.000.000.000 di lire di oggi, trovato morto, prima dell’arresto, in circostanze mai chiarite.

Credo che nessuno animato da onestà intellettuale e spirito di verità non possa non rileggere in tali eventi storici il medesimo connubio tra Stato, mafia, massoneria e le medesima tipologia di vicende giudiziarie che dal dopoguerra ad oggi stanno travagliando la democrazia della nostra nazione.  

Il fitto "silenzio di Stato" che avvolge verità storiche che dovrebbero essere invece di dominio pubblico, in quanto riguardanti il comune interesse del Paese e la nostra stessa sicurezza e avvenire, costituisce quindi la prova storica della contiguità e commistione di interessi tra Stato massoneria e mafia, la quale ultima può continuare a sopravvivere, solo, perché, lo Stato non ha, mai, inteso, seriamente, risolvere alla radice le cause della povertà, dell’ignoranza, dell’ingiustizia e della corruzione, che sono all’origine del fenomeno mafioso e dei fondamentali mali della società.

Da oltre 40 anni la mafia e il suo mondo brutale, continuano, infatti, ciclicamente, a venirci presentati, ogni qualvolta la capacità di sopportazione collettiva supera i livelli di allarme, rischiando di fare crollare gli equilibri del controllo sociale e la già scarsa credibilità dello Stato, come un fenomeno sicuramente deplorevole, perennemente contrastato dalle istituzioni – ma, tuttavia, pressoché, insormontabile.

Un fenomeno contro il quale, pur, senza, esplicitamente, ammetterlo, siamo di fatto impotenti, "seppure le istituzioni abbiano cercato di combatterlo con estrema determinazione e con tutte le forze, studiandone a fondo le cause e i possibili rimedi". Cantilena che, più o meno, hanno recitato tutti i governi che si sono via via avvicendati dalla prima repubblica ad oggi. Insomma, un fenomeno, quasi endemico, con il quale, nonostante la comune (retorica) disapprovazione morale e gli sforzi profusi dallo Stato, siamo, nostro malgrado, costretti a convivere, accettando di pagare quello che può definirsi una sorta di tributo o di "pizzo sociale", che la civiltà moderna deve riconoscere alla criminalità, in cambio di un presunto aleatorio "benessere" e di una ancora più fantomatica "pace sociale", quale effetto dell’irrefrenabile "sviluppo economico, politico e sociale" e dell’asserita elevata complessità dei rapporti sociali.   

Dalle sue origini, lo Stato preferisce in buona sostanza convivere con la mafia e farsi dominare dalle logge massoniche, piuttosto che risolvere le proprie contraddizioni interne che producono e incrementano sia il fenomeno della mafia sia quello delle consorterie politico-affaristiche.

La cultura della mafia in questa logica si afferma su quella dello Stato, come ci mostrano le splendide interviste del bellissimo film di Roberto Faenza "Alla luce del sole", ai ragazzi della comunità di don Puglisi, disgregatasi dopo la sua esecuzione, i quali giudicano Falcone e Borsellino che hanno arrestato i loro padri e parenti dei comuni delinquenti, mentre le persone per bene degne del loro rispetto, i vari Totò Rina che, a differenza dello Stato, offrono protezione e l’opportunità di lavorare.

In tale contesto non deve stupire che da un recente sondaggio tra i giovani di Palermo è emersa essere opinione diffusa che "la mafia è più forte dello Stato", cosa che porta molti a ritenere non valga la pena di collaborare con la giustizia, sia perché troppo rischioso sia perché tanto non cambierà mai nulla.     

Di tale avviso, seppur sotto altra angolazione sono buona parte degli stessi politologi, economisti, filosofi del diritto e storici che ritengono che la società contemporanea per far muovere gli affari ed essere adeguatamente stimolata, debba necessariamente assorbire un certo tasso di illegalità e di corruzione; e quasi  preoccupati che qualcuno voglia veramente cambiare rotta affermano che la corruzione è sempre esistita fin dalla notte dei tempi e che l’economia funzionava meglio ai tempi della "Milano da bere".

Ragione per cui se la mafia in buona sostanza è un male da somatizzare in cambio di un vantaggio più grande, onde a raggiungere un equilibrio sostenibile tra affari e politica, figuriamoci la Massoneria…, che tanta parte ha avuto nelle lotte per l’indipendenza dei popoli e l’affrancamento dalla schiavitù e da ogni soggezione politica.

In questa logica di annientamento culturale di qualsiasi valore morale, etico, politico, giuridico, religioso, la società civile, ove non porrà in fretta rimedio, ripristinando la legalità e scrivendo nuove regole, rischia così di sprofondare nel baratro, distruggendo le proprie stesse radici di umanità e i fondamenti stessi dello Stato di diritto. E’ giunta, insomma, l’ora di riscoprire la passione civile e di liberare la società civile dalle menzogne di economisti, opinionisti, politologi e sociologi prezzolati dal potere, i quali vogliono indurci a credere che un problema grave come quello della collusione tra Stato, mafia e massoneria non esista o non sia così importante, solo perché non se ne parla, sviando la nostra attenzione su mille altre futili questioni, con cui attraverso trasmissioni e telegiornali, vuoti di senso, ci intasano anima e mente, raccontandoci cosa hanno detto e fatto i soliti politici, privi di credibilità e di qualsiasi concreto interesse a  risolvere i veri problemi del Paese.

Pietro Palau Giovannetti (sociologo)

11 Settembre 2007 (N. 2/2007)

N.B.

La seconda parte di "$tato, mafia, Ma$$oneria come unico $istema" è pubblicata sul n. 3/07 e scaricabile dalla seguente ns. pagina web:

https://www.lavocedirobinhood.it/Articolo.asp?id=132

 

 

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