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INTERVISTA A PIETRO PALAU GIOVANNETTI ARRESTATO AD ATENE IN BASE AD UN ILLEGALE MANDATO EUROPEO EMESSO DAL P.G. DI MILANO

martedì 28th, Novembre 2017 / 06:36 Written by

A cura dello staff di Avvocati senza Frontiere.

Questa intervista è stata rilasciata il giorno prima che Pietro Palau Giovannetti venisse persecutoriamente arrestato la seconda volta dietro ordine della procura generale di Milano.

Movimento per la Giustizia Robin Hood ha bisogno del tuo aiuto con la petizione “#PietroPalauLibero“. Lascia la tua firma su: https://www.change.org/p/pietropalaulibero .

Buon giorno Presidente, siamo felici di rivederla in libertà, dopo 12 giorni di prigionia nelle carceri giudiziarie greche. La troviamo molto provato. E’ stata dura? Ci spieghi come sono andate le cose. La stampa italiana ha dato ampio risalto al suo arresto, ma non una sola parola al suo rilascio.

E’ vero. I maggiori quotidiani filopiduistici, a partire dal Corriere della Sera, mi hanno dipinto come un pericoloso latitante legato ad ambienti eversivi ed anarchici greci, che dovrebbe scontare ancora “oltre nove anni di carcere”, quando in realtà trattasi di pene già in buona parte espiate per meri reati di opinione, peraltro abrogati e/o estinti, in quanto risalenti ad oltre 25 anni fa, in relazione al preteso fallimento della Classic Cars, una ditta di cui ero titolare, dichiarato nel 1992, per soli € 516 attuali, nonché ad altre connesse condanne per pretesi reati ideologici conseguenti le mie denunce nei confronti di magistrati, per cui non avrei dovuto subire neppure un solo giorno di carcerazione.

Intende dire di essere vittima di una persecuzione giudiziaria?

Certamente. Si è trattato di un mandato di arresto palesemente illegale emesso per ragioni ritorsive, a distanza di oltre 25 anni, per fatti bagatellari, privi di qualsiasi allarme sociale e pericolosità. In altre parole, di un ordine di arresto ineseguibile, poiché la Corte di Cassazione aveva annullato con sentenza in data 13.7.2017, la decisione confermativa del cumulo pene e del mandato di arresto, emesso dal P.G. di Milano in data 2.2.2016. E’ quanto da me denunciato alle A.G. greche che infatti mi hanno rilasciato, dietro al solo impegno di non lasciare il Paese, dando atto delle mie attività umanitarie in difesa dei soggetti più deboli, contro gli abusi giudiziari, che svolgo da oltre 30 anni.

Quali sono le condizioni delle carceri in Grecia?

Le condizioni delle prigioni elleniche sono uno dei talloni d’Achille della Grecia moderna, più volte sanzionata, come l’Italia, dalla Corte Europea dei Diritti Umani. Già nel 2001 (caso Peers c/Grecia) Strasburgo accertava la violazione del divieto di trattamenti disumani e degradanti, in quanto umilianti e lesivi della dignità umana. Nel 2016, i casi “Konstantinopoulos e altri c/Grecia, in cui giudici di Strasburgo hanno riscontrato una violazione del divieto di trattamenti degradanti e del diritto ad un rimedio effettivo, in relazione a 27 detenuti del carcere di Grevena: celle di 12 mq. condivise da 3 o 4 persone, una delle quali costretta a dormire a terra; visite ristrette a 15 minuti massimo, nessuna telefonata, e cibo di scarsa qualità, oltre alla mancanza di differenziazione tra condannati e detenuti in attesa di giudizio. Nel caso Konstantinopoulos c/Grecia, vi sono accuse di torture subite dal personale carcerario nel 2013, sulle quali le autorità greche non hanno indagato. Nel caso Patrikis e altri c/Grecia, altra condanna per quanto riguarda le condizioni della prigione di Diavata: celle di 24 mq. per dieci detenuti, con una sola toilette e docce aperte, mancanza di spazio e di luce naturale, gelo nei mesi invernali. La prigione giudiziaria di Korydallos (Atene), in cui sono stato ristretto per 12 lunghi interminabili giorni è universalmente considerata la peggiore prigione d’Europa: https://www.youtube.com/watch?v=NM-iozDSd8Y.

Come ha vissuto la sua prigionia nelle carceri giudiziarie di Korydallos?

Si è trattato di una esperienza tremenda, che mi ha segnato profondamente e che difficilmente potrò cancellare, in quanto pur non avendo in effetti commesso alcun reato punibile con la reclusione né in Italia né tantomeno in Grecia sono stato ristretto in condizioni disumane e altamente degradanti. Nonostante le mie diverse patologie sono stato incarcerato nel “Settore Delta”, un edificio di tre piani paragonabile a un girone infernale dantesco, dove non mi è stata assegnata neppure una cella, un letto e una coperta. Ho avuto da subito la nitida atroce percezione che lì si entrava per morire. Nessuno si curava di te. Bisognava arrangiarsi o, dormire per terra. Dove non si capiva neppure. L’umanità di alcuni prigionieri albanesi e italiani mi ha consentito di passare la prima notte in una cella dormendo vestito in un letto senza materasso e coperte. Ma è stata molto dura. Sono stato colto da una crisi ipertensiva cardiaca, che ha portato la mia pressione oltre i livelli di tolleranza. Dopo ripetute richieste di aiuto e la visita di un medico che parlava italiano sono stato finalmente trasferito d’urgenza al Reparto ospedaliero interno al carcere, dove sono rimasto fino al rilascio, grazie anche all’intervento dell’Ambasciatore d’Italia, a cui i miei legali e famigliari si erano rivolti, segnalando le mie condizioni di salute, del tutto incompatibili con il regime carcerario. Devo dire, comunque, di avere trovato una grande solidarietà da parte dei detenuti e del personale carcerario. Anche il Direttore del carcere, un uomo della mia età, ci ha tenuto a farmi chiamare per salutarmi e stringermi la mano, accarezzando i miei capelli bianchi come i suoi, augurandomi buona fortuna.

Un segno di speranza per un Paese povero come la Grecia, cui auguro di cambiare il proprio sistema penitenziario, non dissimile da quello italiano. Per chi fosse interessato segnalo alcuni video sulle condizioni di degrado delle carceri greche: https://www.youtube.com/watch?v=yyXV8WAbQi8, https://www.youtube.com/watch?v=yWvDgc6BSr4, www.youtube.com/watch?v=9uJlYSNwPtQ

E’ vero che “negli ultimi anni in Grecia si sarebbe avvicinato anche ad ambienti anarchici” ?

Assolutamente no. Si tratta di una falsa accusa per delegittimare la mia persona e credibilità, nonché l’immagine dell’Associazione che rappresento. Diversamente non sarei stato rilasciato sulla parola, da parte della Corte d’Appello di Atene, senza alcun obbligo restrittivo. Inoltre, tale infamante accusa è stata smentita dalle stesse indagini svolte dall’Antiterrorismo greco e dall’Interpol, strumentalmente coinvolti dalla Procura Generale di Milano per far scattare le manette ai miei polsi. Senza queste balle sul mio conto non si sarebbe mossa nessuna Autorità europea, tantomeno l’Anterrorismo greco. Infatti, i Giudici greci sono rimasti sbigottiti dalla lontananza nel tempo dei reati e dalle false accuse mosse a mio carico. C’è puzza di caccia alle streghe e di uso perverso delle funzioni giudiziarie per mettere a tacere definitivamente una voce scomoda della Società Civile, che come me denuncia gli abusi giudiziari, il racket dei fallimenti e delle aste giudiziarie, ovvero le collusioni tra poteri dello Stato, mafia, politica, e centri di potere occulto paramassonici e parareligiosi, che alimentano le logiche perverse che governano la magistratura.

Dagli atti pubblicati sui siti web dell’Associazione risulta che i suoi legali italiani hanno impugnato il mandato di arresto europeo (MAE). E’ esatto?

Certamente si. Si tratta, infatti, di una misura che può venire richiesta solo in casi eccezionali. Secondo le indicazioni del Ministero della Giustizia e del C.S.M., il Mandato di Arresto Europeo può essere emesso soltanto laddove ricorrano le seguenti condizioni: (i) reati di rilevante gravità (nel caso di specie un fallimento di 1.000.000 di vecchie lire!); (ii) pericolosità del reo (come noto sono un pacifista nonviolento); (iii) per condanne superiori ai 4 anni. Nel caso di specie, occorre ricordare che il MAE è stato richiesto in relazione ai soli reati societari, la cui pena residua effettiva era di soli 2 anni, 9 mesi e 29 gg., avendo io già scontato oltre 6 mesi di detenzione preventiva. Risulta, pertanto, con palmare evidenza l’illegittimità del MAE, che dovrà venire revocato, al di là dell’intervenuta abrogazione ed estinzione delle ulteriori parallele condanne risalenti agli anni ‘90.

Lei aveva comunque intenzione di rientrare in Italia?

Certamente. E’ quanto da me dichiarato immediatamente alle A.G. di polizia che mi hanno fermato in aeroporto, esibendo i miei documenti personali, spiegando loro che era mio massimo interesse partecipare al processo di rinvio che si sarebbe svolto a breve a seguito del deposito della recente sentenza n° 51053/17, emessa dalla Cassazione, con la quale sono state accolte le mie domande principali contenute nell’incidente di esecuzione relativo all’erroneità del computo della pena residua, in relazione ai reati abrogati e all’estinzione di gran parte dei titoli posti a base del mandato di arresto, rinviando gli atti per un nuovo esame su tali punti alla Corte d’Appello di Milano.

Crede, quindi, che l’arresto possa dipendere dalla volontà di non farla patecipare al processo?
Potrebbe essere. Di certo, le modalità dell’arresto sono del tutto anomale e illegali. Eravamo sotto controllo da oltre due anni, pur conducendo una vita normale, in cui abbiamo continuato a portare avanti le attività associative, come risulta anche dalla “velina” diramanta dalla Digos. Non possono quindi che stupire le concomitanze temporali tra la fissazione dell’udienza di rinvio dell’incidente di esecuzione e il mio anomalo arresto, avvenuto con inusitato spiegamento di forze, presentandolo come la cattura di un pericoloso latitante, legato ad ambienti eversivi, facendolo ribalzare tramite una mirata campagna diffamatoria, sui maggiori quotidiani nazionali.

Nelle richieste di rettifica pubblicate in rete, si accenna che dietro le sue anomale condanne per fatti risalenti ad oltre 25 anni, “vi sia ben altro”. Cosa intende dire esattamente?

In primo luogo, in relazione alla condanna a 2 anni di reclusione per pretesa calunnia nei confronti di un gruppo di avvocati, va ricordato trattarsi di fatti risalenti al 30.6.1990, cioè oltre 27 anni fa, per cui lo stesso P.G. presso la Cassazione aveva chiesto l’annullamento con rinvio, dando atto della mia buona fede, come accertata in processo connesso con sentenza del Tribunale di Bologna, avente ad oggetto i medesimi fatti, risultando quindi la sentenza emessa in data 16.3.2006, assolutamente illegittima e affetta dolo persecutorio, oltrechè prescritta la relativa pena. In secondo luogo, in relazione alla condanna ad anni 3, mesi 4 di reclusione, per pretesi “reati fallimentari”, risalenti al 1992, va ricordato che la stessa è stata anomalamente confermata a distanza di oltre 22 anni (22.4.2015), pur trattandosi di un modestissimo fallimento dichiarato per l’irrisoria somma di lire 1.000.000, di una piccola ditta artigiana specializzata nel restauro e nell’organizzazione di rally internazionali per autovetture d’epoca, per fatti non più preveduti come reato a seguito delle modifiche apportate alla legge fallimentare. Fatte queste premesse risulta evidente che le condanne ammontanti a circa 10 anni di reclusione, neanche fossi un pericoloso criminale, non trovano alcuna plausibile giustificazione logico-giuridica, dovendosi presumere trarre origine da interessi perversi, palesemente estranei alla giurisdizione e alla buona amministrazione della giustizia, trattandosi di reati di mera natura ideologica e di lieve entità che escludono una simile complessiva pena, che risulta assolutamente abnorme e sproporzionata.

In altri termini intende insomma dire trattarsi di sentenze di natura ritorsiva?

Certamente si. Basti ricordare che le condanne inflittemi scaturiscono dalle mie stesse denunce, rimaste inesaminate, da oltre 30 anni, nei confronti di magistrati e avvocati, i quali mal sopportano il mio impegno a portate alla luce l’esistenza di un racket dei fallimenti e delle aste giudiziarie, partendo dall’illegittimo fallimento della mia ditta Classic Cars e dagli articoli di approfondimento pubblicati on line, riguardanti i tanti casi di malagiustizia raccolti dall’Associazione in tutta Italia. Attività di denuncia che vi è da ritenersi diano molto fastidio a chi controlla il sistema giudiziario italiano, tanto da farmi ricercare in tutta Europea come un pericoloso latitante.

Sui siti dell’Associazione si denuncia che Lei non intendeva calunniare nessuno. E’ così?
Sicuramente si. Mi sono infatti limitato a segnalare, come mio dovere civile, fatti e circostanze precise di cui ero venuto a conoscenza, prima nell’ambito della mia attività di imprenditore, eppoi quale Presidente di enti nonprofit riconosciuti che si adoperano per l’affermazione della legalità, contro tutte le mafie, denunciando ogni forma di abuso nei confronti dei soggetti più deboli. Peraltro, va precisato che sui siti dell’Associazione è spiegato a chiare lettere che gli oltre 750 procedimenti indicati si sono conclusi nella stragrande maggioranza dei casi con archiviazioni o sentenze assolutorie. Come nel duplice giudizio per “diffamazione e calunnia”, relativo alla controdenuncia dell’ex Generale Cerciello, conclusasi con la mia piena assoluzione sia da parte del Tribunale di Roma sia da parte dal Pretore di Milano, il quale ultimo con la Sentenza n° 7455/1994, ha dato atto che la mia denuncia circa il boicottaggio paralegale delle attività imprenditoriali della mia famiglia corrispondeva ad una “giustificata e ragionevole rappresentazione della realtà”, avendo esposto “fatti veri o ritenuti tali, strettamente pertinenti alla situazione di fatto per la quale si sollecitava l’intervento dell’Autorità”. Peraltro, il dato di “oltre 750 denunce per oltraggio alla corte, calunnia e ingiuria”, corrisponde al numero di procedimenti iscritti sia quale parte lesa sia quale indagato, i quali ultimi si sono conclusi in larga parte in mio favore, come specificato nella Domanda di grazia, pubblicata sui nostri siti web alla voce: #PIETROPALAULIBERO

Lei è stato oggetto di fatti di concorrenza illecita e minacce di stampo mafioso?

Si, a partire dal 1986, la mia famiglia è stata oggetto di continue minacce, intimidazioni, furti, storno di dipendenti, infedele patrocinio, illecita concorrenza, abuso di marchio e insegna, turbativa delle libertà imprenditoriali e del possesso della nostra casa di abitazione di Via Zenale 9, Milano, fatta a pezzi da parte di soggetti in posizione dominante che intendevano estrometterci dal mercato, sia per impossessarsi del nostro immobile, sito nel centro storico, oggetto di una megaspeculazione edilizia, sia dei marchi registrati presso l’O.M.P.I. di Ginevra, quali il “1° Rally Internazionale dalle Alpi agli Urali” e la “Parigi, Milano, Mosca, Pechino”, fatti oggetto di indebite ingerenze e azioni concorrenziali, da parte del Gruppo FIAT e dell’Automobil Club di Brescia (“Caso Classic Cars”, http://perlagiustizia.org/robinhood/rassegna-stampa.php). In punto vale la pena ricordare che il caso di Via Zenale fu oggetto di interrogazioni parlamentari e indagini nei confronti di palazzinari vicini alla mafia edilizia politico-affaristica, di cui si occupò l’ex P.M. Di Pietro (cfr. Rassegna stampa “Caso via Zenale 9 Milano”) http://perlagiustizia.org/robinhood/rassegna-stampa.php

E’ vero che Lei è stato il primo imprenditore a denunciare che a Milano la mafia aveva messo le mani sulla città?
Assolutamente si. Io a Milano. Libero Grassi al Sud. La mia Associazione raccolse oltre 250.000 firme a sostegno della lotta alla corruzione e dell’azione della parte sana della magistratura antimafia. Erano gli anni della cd. “Milano da bere”, di Pillitteri, Craxi, Ligresti, Berlusconi e Totò Riina, che tramite l’Enimont di Roul Gardini era entrato a Palazzo Marino, investendo i soldi della mafia. Mentre la Lega Nord faceva la sua ascesa politica con i voti della ‘ndrangheta, trovando l’appoggio dell’Ing. Virginio Battanta, faccendiere da me denunciato per lo scempio edilizio di Via Zenale, che mise a disposizione la sede federale di Via Bellerio, senza alcun anticipo, contando sul successo elettorale poi ottenuto in Lombardia dalla Lega Nord. In cambio, l’ingegnere amico di Mario Chiesa, ottenne l’appalto del restauro di Palazzo Marino, tramite la Ge.Co.Mi. s.r.l., una piccola società creata ad hoc, finanziata dal Gruppo Ferruzzi, con i soldi investiti dalla mafia: https://www.lavocedirobinhood.it/index.php/2011/02/18/lega-nord-mafia-lombarda-cio-che saviano-non-dice-o-non-sa-stato-e-massomafie-come-unico-sistema-2/ Erano anni molto difficili per chi come me, passando per visionario, denunciava per “abuso innominato e interesse privato in atti d’ufficio” l’allora Presidente vicario del Tribunale di Milano, Diego Curtò, e l’ex Generale della G.d.F. Giuseppe Cerciello, poi entrambi condannati per fatti di corruzione, segnalando a partire dalla mia personale esperienza di imprenditore e rappresentante della Società civile, che la “massomafia” controllava i gangli di comando delle istituzioni sino alla Suprema Corte di Cassazione. Una storia veramente kafkiana, che ha dato luogo a svariate centinaia di procedimenti sparsi in tutta Italia, senza che sia stata svolta alcuna indagine in mio favore, sebbene io sia sempre stato assolto dalle accuse di diffamazione e calunnia, a parte i pochi isolati casi oggetto di illegittime condanne da parte di magistrati collusi delle sedi di Milano e Brescia.

Come commenta la notizia riportata dal Corriere della Sera, secondo cui Lei, quale “presidente dell’Associazione Robin Hood, avrebbe alla fine perso la sua battaglia ideologica contro le istituzioni”.
E’ una grossolana fake news, in quanto si sottace che, invero, alla fine, sono risultato vittorioso, come si evince dalla sentenza 13/7/2017, della Suprema Corte di Cassazione, che ha annullato il provvedimento di cumulo, ordinando un nuovo giudizio. Inoltre, non ha senso parlare di sconfitte e vittorie, quando si lotta per una giusta causa e l’affermazione dei diritti umani. Le battaglie legali si possono anche perdere. Di fronte a una giustizia corrotta è più facile perdere che vincere, ma chi perde, in verità sono le istituzioni che non sono in grado di affermare la legalità e garantire lo Stato di Diritto. Come affermava il Mahatma Gandhi “nessuno ha redatto più petizioni o difeso più cause perse di me, e posso dirvi che quando volete ottenere qualcosa di veramente importante non dovete solo soddisfare la ragione, ma toccare i cuori. L’appello alla ragione è rivolto al cervello, ma il cuore si raggiunge solo attraverso la sofferenza. Essa dischiude la comprensione interiore dell’uomo. La sofferenza, e non la spada, è il simbolo della razza umana”. In ragione di ciò confido che almeno qualcuno all’interno delle istituzioni e della magistratura comprenda la grande sofferenza che io e la mia famiglia stiamo subendo, come tante altre vittime della malagiustizia.

E’ vero che lei avrebbe “da sempre giurato guerra alle Autorità”?

Si tratta di un’altra grossolana fesseria, volta a screditare la mia immagine pubblica e la credibilità dell’Associazione, che è smentita dalla campagna in favore del pool mani pulite e dei magistrati antimafia, con la raccolta di 250.000 firme, nonché dall’intervista rilasciata dallo stesso Procuratore Borrelli, proprio al Corriere della Sera, in cui mi attribuisce la partenità del cd. “Dossier Achille”, circa la misteriosa sparizione di sei schede segrete, relative a “Massoni coperti nel pool di Milano”, oggetto di una Relazione parlamentare del Comitato di controllo sui Servizi segreti, su cui indagava la Procura di Brescia: indagini poi affossate, nonostante il ritrovamento di oltre 26.000 fascicoli insabbiati, occultati in soffitta, privi di qualsiasi registrazione, sotto la reggenza dell’allora Procuratore capo Lisciotto, iscritto alla P2, tra cui molteplici denunce dell’Associazione Robin Hood, rinvenute dietro mia denuncia e segnalazione dell’ex P.G. presso la Cassazione Torregrossa: https://www.avvocatisenzafrontiere.it/?s=massoni+coperti+nel+pool+

Come commenta l’affermazione di taluni quotidiani, secondo i quali “Venuta meno la rete di appoggio garantita da Autonomia Operaia, negli anni Duemila Palau Giovannetti si avvicina agli ambienti dell’anarchismo allacciando contatti, in particolare, con i gruppi di origine greca che, all’indomani della sentenza di Cassazione, gli avevano fornito riparo”.

Invero, come detto, non ho mai avuto alcuna pretesa “rete di appoggio”, da parte di chicchessia, né tanto meno mi sono mai avvicinato ad ambienti anarchici italiani e/o greci. Trattasi di fonti anonime ma che molto probabilmente fanno riferimento ad una “velina” della DIGOS milanese, che malvede l’attività di denuncia da me rivolta nei suoi confronti, da cui come riportato dai maggiori quotidiani venni fermato illegalmente in occasione del processo Mills, con le solite false accuse di oltraggio e resistenza, venendo poco dopo rilasciato, a seguito delle sentite proteste di svariate centinaia di giornalisti e cittadini presenti ai fatti (cfr.: https://www.youtube.com/watch?v=iKrfu8x5ndU).

Cosa ci può dire della notizia secondo cui all’imbarco ad Atene “ancora una volta, il Palau non ha risparmiato i soliti improperi agli agenti di polizia che lo attendevano. Parole che non gli hanno evitato le manette”?
Si tratta dei soliti vituperi e veleni di pennivendoli prezzolati per deligittimare la mia persona e l’immagine dell’Associazione. Ribadisco: sono un pacifista che rispetta la persona umana, non ho rivolto alcun insulto agli agenti, che infatti non mi hanno affatto ammanettato, avendo da subito dichiarato di non oppormi alla richiesta di estradizione, di cui tra l’altro non ero a conoscenza, tanto è vero che viaggiavo coi miei documenti personali e la mia autovettura con targa italiana.

Quale è la cosa che l’ha ferita maggiormente in questa dolorosa vicenda umana e giudiziaria?
La cosa più disgustosa che dovrebbe ferire chiunque è l’assenza di obiettività di giudizio e onestà intellettuale nel raffigurarmi come un pericoloso latitante legato ad ambienti sovversivi anarcoidi, ovvero un calunniatore seriale, quando invece ho sempre lottato in maniera legale, con mezzi pacifici, per una giustizia pulita e super partes, priva di collusioni e “padrini politici”, come può evincersi dai miei innumerevoli scritti difensivi e dagli articoli pubblicati sui siti dell’Associazione, che evidenziano come le sentenze emesse nei miei confronti per fatti bagatellari risalgono ad oltre 25 anni fa, e denotano il precipuo fine di criminalizzare ad ogni costo una persona scomoda, che da oltre 30 anni denuncia inascoltamente le collusioni tra potere politico, mafia, massoneria, Opus dei e settori deviati delle istituzioni e della magistratura. Articoli come quelli pubblicati dai quotidiani diffidati, senza peritarsi di citare le fonti e di meglio informarsi sui fatti, fanno pensare che finalmente è stato catturato un pericoloso latitante con il record di procedimenti e di condanne, per oltraggio, calunnia e ingiuria ai danni di rappresentanti dello Stato, creando nell’opinione pubblica un’idea completamente distorta sul mio conto e sulla Onlus che rappresento, senza interrogarsi né riferire delle persecuzioni subite in oltre 30 anni di attività.

Quali sono i casi più rilevanti di cui si è occupata Associazione?
Tra i tanti, da ultimo, quello relativo al processo che ha portato alla condanna di 6 medici e 12 infermieri, responsabili dell’atroce agonia di Franco Mastrogiovanni, legato mani e piedi ad un letto di contenzione per oltre 86 ore, il maestro elementare più alto del mondo, come lo chiamavano affettuosamente i suoi alunni: https://www.lavocedirobinhood.it/index.php/2017/04/08/in-onore-di-franco-mastrogiovanni/ E, tante altre nobili battaglie completamente ignorate dai miei detrattori, i quali non hanno neppure citato il rifiuto da parte mia della considerevole somma di lire 1.500.000,000 per mettermi a tacere: http://perlagiustizia.org/robinhood/pdf/stampa/caso%20via%20zenale%209%20milano/Famiglia%20Cristiana%20Agosto%201991.pdf

Ancora un paio di domande. Cosa giudica vero negli articoli pubblicati sul suo conto?

L’unica cosa vera riportata dalla stampa è che mi ritengo “vittima della “massomafia” che governa l’Italia”. Mentre è assolutamente diffamatoria la qualifica di “calunniatore seriale di togati”, e che sarei stato “il responsabile del fallimento dell’azienda di famiglia di auto d’epoca Classic Cars.”. Trattasi, come detto di una sentenza palesemente illegittima per fatti non più preveduti come reato, da porsi all’origine della mia persecuzione affaristico-giudiziaria, lasciando stupiti che i maggiori quotidiani italiani abbiano omesso di rappresentare trattarsi dell’anomalo fallimento di una piccola ditta specializzata nel restauro e nell’organizzazione di rally internazionali per autovetture d’epoca, dichiarato oltre 25 anni fa, per l’irrisoria somma di lire 1.000.000, sul falso presupposto che i locali sarebbero stati “vuoti”, quando erano semplicemente “chiusi”, trattandosi dell’ora di pranzo, come riportato nel verbale dell’Ufficiale Giudiziario, dolosamente travisato dal Giudice delegato Fabiani Massimo, nei cui confronti non è mai stata svolta alcuna indagine. Circostanze che da sole dovrebbero fare riflettere chiunque munito di buon senso e onestà intelletuale, anche tenuto conto del fatto che il giorno dopo i beni ritenuti “inesistenti” sono stati inventariati e svenduti all’asta a valori vili, per lo più a soggetti concorrenti, come ebbe a denunciare lo stesso Corriere della Sera, pubblicando un ben diverso articolo dal titolo emblematico: “Un’auto d’epoca? Costa meno di un caffè”. Asta fallimentare di vetture classiche, alcuni modelli quotati mille lire”, che ben mette in luce la natura ritorsiva delle connesse successive condanne, ovvero l’accanimento giudiziario da parte di settori incontrollati della Procura di Milano nei miei confronti, come fin dall’epoca segnalato dai maggiori quotidiani (cfr.: “la Repubblica” del 24.8.93, con l’articolo dal titolo “Manette illegali e si barrica in casa” ).

Cosa pensa della sezione “catturandi” del Nucleo investigativo dei Carabinieri?

Innanzitutto, devo dire che ho una grande stima nell’operato dell’Arma dei Carabinieri, tra cui ho tanti amici e simpatizzanti, i quali in più occasioni mi hanno esternato la loro sincera solidarietà, nonché il disappunto per dovermi notificare continui avvisi di comparizione o condanne penali. Ricordo il caso in cui un maresciallo dei Carabinieri venne a testimoniare in mio favore, affermando che lui era entrato nell’Arma per “arrestare i delinquenti e non le persone per bene come me”. Aggiungendo di avere precisato ai superiori di “non chiamarlo più”, in quanto in futuro si sarebbe “rifiutato di trarmi in arresto con false accuse”. Come avvenuto nel caso del M.llo Vicinelli, relativo a una delle condanne a me ingiustamente inflitte. Che fossi braccato dai carabinieri della catturandi con l’ausilio degli agenti dell’Antiterrorismo greco e dell’Interpol, mi ha lasciato quindi esterefatto e penso che il capitano Marco Prosperi e la Procura Generale di Milano farebbero bene ad impiegare le proprie energie e le risorse dello Stato per dare la caccia ai veri pericolosi mafiosi superlatitanti, come Matteo Messina Denaro in fuga da oltre 24 anni o, ai colletti bianchi collusi con mafia, politica e istituzioni, e non già a persone inermi, pensionati e difensori dei diritti umani, come me, la cui unica “colpa” è quella di avere denunciato i mali della giustizia italiana.

L’ultima domanda. Come ha fatto a sopportare tante persecuzioni e ingiustizie?

Molto semplice. Perchè io credo fermamente in una legge più grande di quella degli uomini che mi dà la forza di affrontare ogni avversità e persecuzione, continuando a lottare senza sosta per l’affermazione dei diritti umani. Nel settembre 1992, poco prima della dichiarazione di fallimento, ho iniziato a praticare il Buddismo di Nichiren Daishonin e dei miei maestri Tsunesaburo Makiguchi, Josei Toda e Daisaku Ikeda, i quali anche loro hanno subito per amore della vera legge, l’esilio e inenarrabili persecuzioni, venendo ingiustamente imprigionati. Grazie ai loro insegnamenti ho imparato l’arte della sopportazione, riponendo totale fiducia nella legge mistica universale di causa ed effetto, che assicura a chi non risparmia la propria vita che ogni giustizia sarà provata, facendo emergere un’immensa vittoria spirituale nella loro lotta per la Verità e la Giustizia.

Firma la petizione a favore di Pietro: https://www.change.org/p/pietropalaulibero

Rettifiche fatte ai giornali: https://yadi.sk/d/aWX5rWjf3Q4NoY

n.b  si precisa che questa intervista è stata rilasciata il giorno prima che Pietro Palau Giovannetti venisse nuovamnete arrestato,
per venire estradato in Italia dietro ordine della Procura Generale di Milano e del Ministero della Giustizia,
nonostante l’intervenuta precedente liberazione da parte della Corte di Appello di Atene.

Atene, postato il 27 novembre 2017

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