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REATO EX ART. 380 C.P. INFEDELE PATROCINIO DELL’ AVVOCATO

giovedì 19th, Aprile 2018 / 11:54 Written by

INFEDELE PATROCINIO DELL’ AVVOCATO

Di recente, la Corte d’Appello di Napoli con la sentenza del 23 marzo 2016 n. 3051 ha disposto, che per configurarsi il reato di infedele patrocinio ex art 380 c.p. non è sufficiente il mero inadempimento degli obblighi professionali da parte del legale, ma è necessario che da tale inadempimento sia scaturito un danno concreto al cliente.

Premesso, che il reato di patrocinio infedele è previsto dall’art. 380 c.p. il quale afferma che “il patrocinatore o il consulente tecnico, che, rendendosi infedele ai suoi doveri professionali, arreca nocumento agli interessi della parte da lui difesa, assistita o rappresentata dinanzi all’Autorità giudiziaria o alla Corte penale internazionale, è punito con la reclusione da uno a tre anni e con la multa non inferiore a cinquecentosedici euro”.

La pena prevista dalla norma è aumentata se il colpevole ha commesso il fatto, colludendo con la parte avversaria oppure se il fatto è stato commesso a danno di un imputato.

L’elemento soggettivo è il dolo generico, inteso come coscienza e volontà di non eseguire correttamente e fedelmente l’incarico ricevuto, mentre l’ elemento oggettivo consiste nel rendersi infedeli ai doveri professionali.

Tanto premesso, il caso di specie riguardava dei clienti che denunciavano il loro avvocato che nell’ambito di un procedimento per esproprio immobiliare, si rendeva infedele ai sui doveri professionali facendosi versare somme di denaro per un importo complessivo di Euro 20.000,00, affermando che tali somme sarebbero servite per sospendere la procedura stessa ed evitando così la vendita all’asta di un immobile.

 

Secondo gli assistiti il legale non aveva svolto nessuna concreta attività processuale o stragiudiziale nel loro interesse, arrecando loro nocumento.

Di contro, l’ avvocato riteneva non provato il danno alle persone offese.

 

Sull’ accertamento del reato, nel tempo si sono sviluppati diversi orientamenti giurisprudenziali.

Secondo un primo orientamento il giudice non può limitarsi alla valutazione di singoli atti o di scelte avulsi dal contesto nel quale sono inseriti, ma deve collocare l’attività professionale svolta nel quadro della linea difensiva e della strategia di conduzione del processo adottata per il conseguimento del risultato voluto dalla parte, al fine di valutare se il patrocinatore si sia reso volontariamente infedele all’obbligo di curare gli interessi della parte assistita o rappresentata nel processo, alla stregua del mandato ricevuto e di quanto le regole professionali e le incombenze processuali richiedono per l’adempimento di tale obbligo (Cassazione, Sezione VI, 20 febbraio 2012, n. 6703).

 

La stessa giurisprudenza, ad esempio, (cfr. Cass. sez. 6, sent. n. 26542 del 16/06/2015) ha ritenuto non configurabile il reato di patrocinio infedele pur quando sia accertata la dolosa astensione del difensore dall’attività processuale per la quale aveva ricevuto il mandato, se non vi è anche la prova del danno per gli interessi della parte, che da quella condotta sia derivato”.

 

Secondo un altro orientamento è necessario, in primo luogo “una condotta del patrocinatore irrispettosa dei doveri professionali stabiliti per fini di giustizia a tutela della parte assistita ed, in secondo luogo, un evento che implichi un nocumento agli interessi di quest’ultimo“. Può trattarsi di un danno patrimoniale, civilisticamente inteso, ma anche del mancato conseguimento dei beni giuridici o dei benefici di ordine anche solo morale (Corte di Cassazione, VI sezione penale, sentenza n. 43467/2015, Cass. n. 45059/2014).

Alla luce della sentenza emessa dalla Corte Territoriale di Napoli, il cliente che si ritenga leso dal mancato rispetto dei doveri di correttezza professionale del proprio legale, se in possesso di prove, potrà sporgere denuncia alle autorità competenti (Carabinieri, la Polizia, Procura della Repubblica) ed ottenere il risarcimento dei danni morali ed economici.

 

Rosalba Vitale

 

 

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