21 ottime ragioni per aderire ed essere dalla parte degli ultimi:
- Perché a finire in carcere è soltanto la povera gente, priva di mezzi per permettersi una difesa adeguata e ungere le ruote del sistema giudiziario italiano, tra i più corrotti del mondo, mentre i reati commessi dai veri delinquenti, colletti bianchi, politici, imprenditori e magistrati collusi con le massomafie, vengono lasciati prescrivere o non vengono neppure perseguiti, come nel caso del magnate svizzero Stephan Schmidheiny, condannato a 18 anni di reclusione per “disastro ambientale doloso permanente e omissione di misure antinfortunistiche”, che ha provocato oltre 3000 morti da esposizione all’amianto della famigerata ETERNIT, società fallita nel 1986, e mandato assolto da ogni imputazione, con sentenza n. 7941/15 della Corte di Cassazione (Pres. Cortese, rel. Di Tomassi, Sandrini a latere), i quali hanno annullato anche il risarcimento danni nei confronti di 6300 parti civili per un valore di oltre 100 milioni di euro;
- Perché nelle carceri italiane il 33,6% dei detenuti è straniero e la maggior parte di essi è dietro le sbarre per reati minori, tra cui l’immigrazione clandestina: basti pensare che le condanne da 0 a 1 anno riguardano per il 50% stranieri, mentre tra i condannati ad oltre 20 anni gli stranieri sono solo il 12%, contro l’88% dei nostri connazionali italiani (dati 2015);
- Perchè la maggioranza dei detenuti 30.723 sui circa 54mila è accusata o condannata per fatti di lieve entità, tra cui furti, piccole rapine, frodi, danneggiamenti, stupefacenti, reati ideologici quali diffamazione/calunnia, e solo in minima parte reati più gravi (dati 2016);
- Perché in Italia vige una visione medievalistica della pena, in cui secondo il minidossier di Openpolis, “la funzione del carcere è isolare i detenuti dalla società, non c’è nessun interesse a formarli né ad aiutarli a trovare un lavoro, sebbene la Costituzione vorrebbe il contrario”;
- Perché in assenza di finalità rieducative e delle inumane e degradanti condizioni di vita nelle carceri, il Giudice dell’Esecuzione dovrebbe provvedere alla sospensione della pena per inapplicabilità, sino al ripristino della legalità, in applicazione dell’Art. 3 CEDU, per cui “nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti”, che, con l’Art. 2 (Diritto alla vita), come scrisse Cesare Beccaria già 250 anni fa, trattandosi di un diritto assoluto, non ammette eccezioni, in quanto, secondo la Corte EDU, non è sufficiente il divieto negativo di tortura o di trattamento inumano o degradante, dal momento che la persona incarcerata può avere bisogno di una maggiore tutela proprio per la vulnerabilità della sua situazione, e per il fatto di trovarsi totalmente sotto la responsabilità dello Stato Italiano;
- Perché tra il 1992 e il 2016 vi è stato un suicidio ogni 7 giorni tra i detenuti, secondo i dati forniti dal Ministero della Giustizia, mentre non esiste un dato ufficiale sui suicidi degli agenti penitenziari, sebbene fonti sindacali parlino di almeno oltre 100 suicidi dal 2000 a oggi;
- Perché in percentuale muoiono più persone nelle carceri italiane che in Venezuela, con uno dei regimi carcerari più violenti al mondo, controllato dagli stessi detenuti che tramite estorsioni, traffico di droga e di armi all’interno delle carceri, detengono un potere enorme;
- Perché in Italia il sovraffolamento non è stato risolto: secondo i dati del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria al 28 febbraio 2017, il totale dei detenuti è pari 55.929, contro una capienza massima di 50.177, sebbene la situazione debba ritenersi più grave, poiché i dati delle “capienze regolamentari” non tengono conto delle numerose celle chiuse, inagibili o in fase di ristrutturazione che si trovano pressoché in ogni struttura;
- Perché in tutti i grandi Paesi europei, eccetto l’Italia, viene privilegiata la pena fuori dal carcere e la maggior parte dei condannati viene destinata a misure alternative attraverso le cd. sanzioni di comunità, come i lavori socialmente utili. Invece in Italia la maggioranza dei condannati finisce in carcere (55%) contro il 28% della Germania, il 30% della Francia, il 36% di Inghilterra e Galles e il 48% della Spagna;
- Perché l’Italia è il Paese con il costo giornaliero per detenuto più alto d’Europa (dati 2014), pari a ben € 141,80, contro i 109,72 dell’Inghilterra, i 100,47 della Francia e i 52,59 della Spagna per carcerato al giorno;
- Perché siamo anche la nazione con più dipendenti nella amministrazione penitenziaria in rapporto al numero di detenuti, del cui costo giornaliero, solo meno di 10 euro servono per mantenere i detenuti, mentre oltre 100 euro servono a coprire le spese per il personale;
- Perché altra caratteristica contraria alle finalità rieducative del sistema penitenziario italiano è che i dipendenti sono agenti di custodia (90,1%), privi di qualsiasi specializzazione, risultando pressochè inesistente la presenza di insegnanti, formatori professionali, mediatori culturali, psicologi, con conseguente difficoltà del sistema nella capacità di riformarsi;
- Perchè l’Italia è l’unico grande Paese europeo dove oltre la metà dei condannati sconta la pena in carcere senza il ricorso a pene alternative, che impongono di lavorare per ripagare i danni, così facilitando il reinserimento sociale. Inoltre, i detenuti una volta usciti hanno scarse prospettive di rifarsi una nuova vita, che passa anche dalla possibilità di imparare un lavoro durante il periodo di espiazione della pena. Agli inizi degli anni ’90 partecipava ai corsi appena l’8% dei detenuti, mentre negli ultimi anni questa quota è scesa ulteriormente, oscillando tra il 3 e il 5%. Lo stesso dicasi per la quota di detenuti a cui è data la facoltà di lavorare in carcere, diminuita tra i primi anni ’90 (34,46%) e il 2012 (19,96%), risalendo fino al 29,76% attuale. Ma i lavoranti, come vengono definiti nel linguaggio penitenziario, restano ancora una minoranza della popolazione carceraria.
- Perché sono circa 1000 ogni anno i casi di ingiusta detenzione ed errori giudiziari riconosciuti in seguito a sentenza di revisione. Nel solo 2016 la cifra spesa dallo Stato per risarcimento delle ingiuste detenzioni ammonta a 42 milioni di euro;
- Perché sono circa 20.000 i detenuti che devono scontare pene inferiori a 3 anni, di cui circa 8.000 quelli con meno di 1 anno, numeri che rivelano l’importanza di un provveddimento di amnistia e indulto per i soli reati minori, che consentirebbe quasi dimezzare la popolazione carceraria e liberare i magistrati da arretrati enormi, spesso destinati alla prescrizione, senza che in realtà si scarcerino soggetti pericolosi per la società. Anzi, allegerendo carichi e ruoli, sarebbe più facile non fare prescivere i reati in materia di crimininalità organizzata, economico-finanziaria e politico-mafiosa o, quelli contro soggetti deboli e minori, che destano grave allarme sociale, come il recente caso di Torino, in cui il violentatore di una bambina di 7 anni, condannato in primo grado a 12 anni di reclusione, è stato prosciolto perchè sono stati lasciati scandalosamente decorrere oltre 20 anni;
- Perché la percentuale di detenuti in attesa di giudizio è pari al 35% della popolazione carceraria e assieme a questo dato si registra la promiscuità tra detenuti in attesa di giudizio e condannati definitivi, per cui in molti casi il carcere diventa una scuola a delinquere, piuttosto che luogo di rieducazione e riflessione sui propri errori;
- Perché come ha detto Papa Francesco che ha telefonato al Ministro della Giustizia Orlando per ricevere notizie in merito ad amnistia e indulto, “non c’è diritto giusto senza Misericordia”. Mentre i politici si preoccupano soltanto degli effetti elettorali e di varare leggi a tutela dei colletti bianchi, senza tenere conto che l’ultima vera e propria amnistia risale a ben 27 anni fa (1990) e che, oggi, un provvedimento generale di clemenza, ispirato anche da ragioni di opportunità politica ed eccezionalità, è assolutamente indifferibile ed urgente per fare ripartire la giustizia;
- Perché è necessaria ed urgente una amnistia “legalitaria”, in grado di ripristinare le condizioni di legalità costituzionale nei tribunali e nelle carceri italiane, contrapposta a un’altra “amnistia” strisciante, clandestina, di massa e di classe che si chiama “prescrizione”;
- Perchè vogliamo un’amnistia propedeutica ad una grande riforma della giustizia, da contrapporre alla amnistia di classe, arbitrio nelle mani della magistratura di regime, che anche nel 2016 ha cancellato ben 132 mila processi. Vera e propria amnistia sommersa, negli ultimi 10 anni, la prescrizione ha mandato al macero oltre 1,5 milioni di processi, e cioè quelli dei potenti e di chi si può permettere la migliore difesa e di ungere, condannando al carcere i più poveri e indifesi, riempiendo le celle di reati bagatellari;
- Perché è necessaria anche una riforma della giustizia civile, la cui paralisi e lentezza penalizzano l’efficienza dell’intero sistema giudiziario italiano, oltrechè i privati e le imprese, scoraggiando gli investimenti esteri e comportando costi enormi per l’economia nazionale;
- Perché lo Stato di Diritto possa e debba prevalere nella vita pubblica del Paese, partendo proprio dalla crisi endemica in cui versano la giustizia civile e penale italiana, affinché le istituzioni fuoriescano dalla condizione assolutamente criminogena in cui si trovano rispetto alla nostra Costituzione, alla giurisdizione europea, ai diritti umani universalmente riconosciuti e alla coscienza civile e cristiana del Paese. Ricordando che al 30/6/2016 i processi pendenti erano 3.800.000 nella giustizia civile e 3.230.000 in quella penale, per un totale di 7.030.000 processi che affollano le scrivanie dei magistrati, ai quali vanno aggiunti circa un milione di procedimenti nei confronti di ignoti.
I DATI: “Il sistema penitenziario italiano tra vita in carcere e reinserimento sociale”
http://minidossier.openpolis.it/2016/09/dentro_o_fuori.pdf
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GLI ADERENTI:http://www.amnistiaperlarepubblica.it/aderenti.html
IL PERCORSO DELLA MARCIA DI PASQUA: partirà dal carcere di Regina Coeli e arriverà in Piazza San Pietro, dove i manifestanti pare saranno accolti da Papa Francesco, che tanto si è speso dallo scorso anno per la concessione di Amnistia e Indulto.
http://www.amnistiaperlarepubblica.it/percorso.html